Preludio a un orgasmo mentale…

Sere così, in cui trafitto da un ricordo, una parvenza d’immagine, una distorta visione, cammino, passo lento, i miei pensieri che corrono, mi superano, mi precedono, come cani a passeggio senza guinzaglio, non si calmano un attimo, andirivieni continuo, avanti, indietro, avanti, di nuovo indietro, di nuovo avanti, impossibilità di fermarli, i miei ordini, volutamente ignorati, che si perdono in questo crepuscolo francese, sbattono contro una barca appena rientrata in porto, pescatore che scende, viso bruciato dal sole, stanchezza ad ingessare il suo corpo, mi regala un – Bonsoir… – che si perde nell’aria, sbatte contro i tavolini di un caffè poco distante, sfiora le spalle di coloro che parlando si concedono un aperitivo, affoga nelle loro bevande, il vecchio porto, il vecchio me, il vecchio pescatore, i vecchi pensieri, polvere a ricoprirci, merce da brocante. 

Sere così, che invecchiano precocemente, che versano il loro tributo alla notte, dissanguarsi lento del giorno giunto al termine, il rumore delle mie scarpe che battono sull’asfalto, le voci degli avventori del caffè che si mescolano al grido di alcuni gabbiani, volteggiare isterico di ali e corpi e becchi, intorno alla barca, intorno al pescatore che trasporta alcune casse di plastica, pesce morto, probabilmente.

Sere così, odore di vita e di morte che si mescolano insieme, malinconia che mi prende, mi stringe la mano, passeggia al mio fianco, compagna un po’ così, amata e odiata, a seconda dei casi, certamente spesso desiderata, voluta, pretesa, dovuta, compagna adatta alla solitudine di certi momenti, come questo, in cui senza una destinazione precisa, cammino, osservo, mi perdo nel mio tempo, clochard che disteso su un lenzuolo rosso, mi guarda, allunga la mano sinistra verso di me, le dita piegate a conchino, come a chiedermi qualche spicciolo per riempire la bottiglia di birra semivuota stretta nella mano destra, io che non ho moneta – Le banche ci hanno fottuti entrambi… – penso, scuotendo la testa, la delusione a disegnarsi sul suo volto.

Sere così, in cui trafitto da un ricordo, passeggio, senza meta, città che s’infiamma di luce artificiale, notte che minuto dopo minuto, l’avvolge, la stringe sempre di più, io che entro in un vicolo mai notato prima, scivolo in un portone rimasto aperto, e finalmente, mi fermo, davanti a me una rampa di scale che si perde nel buio – Fine della passeggiata, buio, scale, pescatore, pesci morti, gabbiani, senzatetto, birra, bicchieri pieni di chissà quale bevanda, bar, avventori, sera, notte, mattino, vortice di vita, vortice di morte, incontrarsi di uragani esistenziali, io che non so dove scappare, io che non trovo rifugio da nessuna parte, identità in crisi, coscienza a pezzi, mondo a pezzi, l’eternità a sbattermi davanti agli occhi il suo biglietto da visita, io che non ho ancora imparato a leggere, io che già non ci vedo più come un tempo… dove? Chiedo solo dove? – grido, voce che rimbomba angosciante, e poi, silenzio seguito dal rumore di una porta che si apre, cigolio sordo – Viens, Je t’attends depuis longtemps…