Movimento scoordinato, tazza di caffè che cade per terra, cocci rotti sparsi ovunque, liquido marrone sulle mattonelle, schizzi sulla cucina, sulle infradito, sui miei piedi, calore, mattini così, come questo, mani che non stringono, voglia che non arriva, distrazione, perdizione del pensiero, una mosca che continua a ronzarmi attorno, fastidio, sentimento cupo che cresce dentro me fino a esplodere nel mio cervello, fuori pioggia, temporale improvviso, gocce, gocce, gocce e poi, grigiore che avvolge tutto, al di là delle nuvole, tranquillità, al di qua, fermento negativo, battito cardiaco che aumenta, petto che quasi esplode, mentre cerco di estrapolare figure, immagini, forme, scrutando attentamente le macchie di caffè per terra – era la mia tazza preferita… – penso, osservando amareggiato la testa di Ziggy Stardust frantumata in due pezzi.

Di certi regali, meglio non parlare, ricordi, acquisti fatti in giorni di pioggia come questo, forse ancor più in tempesta, la retrospettiva su Bowie allestita al museo di arte moderna di Chicago, credo fosse il duemilaquindici, nemmeno un anno dopo sarebbe morto, lui, David, cose così, che tornano alla memoria in giorni così, un po’ storti, un po’ in frantumi, uragani improvvisi, inaspettati, mal di testa che compare improvvisamente, mentre piegandomi cerco di raccogliere i cocci più grossi. 

Certi giorni sono così, inaspettatamente invadono il mio vissuto, mi lascio sorprendere, ancora mezzo addormentato, e colpito, bersaglio facile per un tiratore scelto quale il tempo è, cado, mi frantumo, centinaia di ricordi che finiscono ovunque, pezzi di me sparsi qui e là, l’universo a guardarli, a cercar di capire dove stiamo andando, quale direzione abbiamo preso, io e lui, sempre insieme, il mal di testa che secondo dopo secondo aumenta, implacabile, cranio che quasi esplode. 

C’era una senzatetto che si era stabilità sotto ad un cavalcavia, poco lontano dal museo di arte moderna di Chicago. Viveva coperta da una montagna di sacchi a pelo, per sopravvivere ai terribili inverni che avvolgevano ogni anno la Windy City. Una notte morì di freddo. Di lei, oltre al ricordo di quell’ammasso di coperte che l’avvolgevano, volto mai visto, mi resta l’immagine dei pompieri che, non appena il corpo fu rimosso, lavarono e disinfettarono il marciapiede sul quale per più di un anno aveva vissuto. Quella tazza conteneva anche un po’ di lei. Il bello e il brutto di certe relazioni umane, il bello e il brutto del mondo, il bello e il brutto di me, il bello e il brutto di te. 

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