Impossibilità di dire “io”, impossibilità di non dire “io”…

Stavo sognando il passato, e improvvisamente, il respiro si è fatto più affannato, quasi stessi affogando per il troppo ossigeno, il cuore si è messo a battere più forte, ho perso il controllo, di me, delle situazioni, della vita, sbandare di un’automobile in corsa, curva pericolosa, scontro con un guardrail e poi, il vuoto, un volo di centinaia di chilometri, tempo infinito, schiantarsi contro il suolo, esplosione, avvolti tra le fiamme, il desiderio di morte, la speranza di rinascita, entrambi riflessi nello specchietto retrovisore, riflessi nell’impossibilità di dire “esisto”.

L’ultimo ricordo, l’ultimo timido legame che mi univa ancora a questa vita, a questo universo, così come io lo conosco, così come lui conosce me, una musica dimenticata nelle orecchie, e al di là dei miei occhi, oltre i vetri dei finestrini, il tramonto più bello della mia esistenza, un sole rosso, magnifico, che raggiungeva le colline lontane, accarezzando le vigne, gli olivi, i cipressi, i campi di grano, sfiorando le ultime nuvole, abbracciando il pianeta, quel pezzo di mondo che stavo osservando, quel puntino di universo che per un numero irrisorio di giorni e notti avevo abitato, chicco di riso beccato da un gallo, che il mattino dopo avrebbe annunciato una nuova alba, senza di me.

Stavo sognando il passato, un ultimo ricordo, uno soltanto, attraversar magico, mistico, tra un momento vissuto e l’altro, tra un momento presente e l’altro, ora qui, ora la, ora ovunque, il sempre come tempo, e il cuore si è messo a battere più forte, emozioni, sensazioni, percezioni, respiro affannato, ho perso il controllo della mente, automobile in corsa che sbanda, e poi, il baratro, incontro, scontro, nell’infinita serie di possibilità aperte, sfracellarsi incontrollato, assurdo, contro il muro dell’impossibilità, riflessa nello specchietto retrovisore, riflessa nell’impossibilità stessa di dire “io”.

Lontano, il tramonto più bello della mia esistenza, il rosso a dominare su tutti gli altri colori, a invadere la privacy di ogni cosa, qualche uccello in volo, leggerezza, planare lento, fermarsi, riposare, in attesa della notte, in attesa che il gallo canti ancora, chicco di riso che attende di esser beccato.

Lontano, il mio eclissarmi, lento, dietro le colline, spostarsi senza scomparire, esistenza nell’inesistenza, energia che avvolge tutto, l’intero universo, e poi, la notte, prima che io il gallo, mi metta a cantare ancora per l’ennesima volta, prima che io, chicco di riso, venga mangiato, prima che io, sole, torni nuovamente a risplendere, nell’impossibilità di dire “io”, si nasconde l’impossibilità di non dirlo.