Altrove

Il sole che ti illumina mentre lavori alla scrivania, costrutti mentali che si allungano sui numerosi fogli di carta, sparsi qui e là, sui mobili, per terra – Dove sono i tuoi pensieri? – mi chiedo. Ti dondoli sulla sedia, una penna bic in bocca, gli occhi chiusi a riflettere, chissà su che cosa. Il tuo modo di sconfiggere ogni giorno la morte, io lo adoro, il vederti fuggire lontano, da ogni luogo, sempre inafferrabile, lo sopporto un po’ meno, frustrazione che mi soffoca. Oramai è chiaro, lampante, un minuto prima sei qui, quello dopo, non si sa, non lo sanno, non lo so, mi chiedo se tu lo sappia, anzi, vorrei chiedertelo, ma sei già altrove in un altro tempo, in un altro luogo, impossibile porti una domanda del genere.

Scuotendo la testa, non posso far altro che guardarmi allo specchio, chiedermi se, o che cosa pensi, se, o che cosa stai pianificando, mentre i miei neuroni si sforzano di indagare il mistero che aleggia intorno a te, mentre mi domando se questo mio interrogarmi sulla cosa sia un bene, o se dovrei lasciar perdere e prender quello che arriva, come un animale di compagnia attende il proprio Dio-Padrone.

Sorrido – Dovrei forse implorarti di darmi da mangiare? Di farmi compagnia? Di amarmi? Magari sedendomi a terra e cercando di scodinzolare? – figurati se ne sarei capace, al massimo potrei farti pipì su una scarpa, più per un puro desiderio di colmare le mie nascoste voglie feticiste, che per attirare la tua attenzione. Sorrido ancora, la sedia è vuota, la scrivania un caos, non stai lavorando, sei altrove coi pensieri, i desideri, le tue perversioni che ti ostini a voler tenere segrete, quasi facendo finta di non averne. 

Un soffio di vento, alcuni fiori rosa si staccano da un albero del quale ignoro la natura, il nome. Ne raccolgo uno che finisce poco distante dai miei piedi, lo strofino tra le dita, ne respiro il profumo, mentre osservo le macchie rosee che si formano sulla mia pelle bianca. Mi ricorda l’odore che hai quando esci dalla doccia e sorrido ancora, per l’ennesima volta. 

Mi viene sempre da sorridere, quando mi accorgo che ogni pensiero che imbocca la strada della mia coscienza, alla fine passa su di te, sul tuo modo di vedere le cose, sulla tua pelle, tra i tuoi capelli ingrigiti dal tempo. Osservo il cielo, il quadrante dell’orologio, torno a sedermi alla scrivania, la bic in bocca, chiudo gli occhi, e non c’è più spazio, e non c’è più tempo.