Natali fragili…

Siamo persi chissà dove. Impossibile ricongiungersi, impossibile ritrovarsi. Mi guardavi triste – cuori vicini, menti lontane… – amavi dire e poi piangevi in silenzio, distesa sul letto, pensando a futuri migliori, immaginando presenti lontani dalla nostra realtà. Siamo persi chissà dove, nell’irrealizzabile sogno racchiuso in ogni giorno nato sulla terra, nel susseguirsi delle stagioni che dalla primavera del nostro amore si sono trasformate rapidamente in eterno inverno. Siamo persi chissà dove, dietro le luci di Natale, sotto gli alberi decorati a festa, nel profumo delle bucce d’arancia bruciate sul fuoco, per profumare il salone la sera di Natale, negli odori di cannella, di frutta secca e pan di zenzero.

Non ti cerco, ma ti trovo, tu, sola, nei dettagli delle feste, nel riflesso delle palline di vetro che comprammo insieme tanti anni fa, avvolta da festoni e lucine colorate, un rametto di vischio sulla testa e biancospino sparso ovunque, sui mobili, sul centro della tavola da pranzo imbandita a festa di ogni leccornia. Non ti cerco, ma ti trovo, nell’aria natalizia che con il tempo ho imparato ad amare e detestare contemporaneamente, in un bipolarismo che a volte riesco ad ignorare, a momenti invece, fa veramente male. Non ti cerco, ma ti trovo, nei disegni impressi sulla carta dei regali, nei nastri e nelle coccarde dorate, ricoperta dagli aghi di abete, che giorno dopo giorno cadono sul pavimento, arrendendosi al tempo che passa, quasi a segnalare l’agonia della pianta in fin di vita.

Siamo persi, io e te, smarriti in ricordi passati che vorremmo dimenticare, in futuri inesistenti, in presenti diversi, che si allungano su piani spazio-temporali lontani. Siamo persi in pensieri che si escludono mutualmente, annientandosi, distruggendosi. Tempeste di neve e ghiaccio violente, terribili, distruttive, capaci di raggelare anche il sentimento più dolce, quello più caldo. Siamo persi in quell’inverno eterno, cominciato secoli fa, con la nostra fine, e mai terminato. Sospesi a mezz’aria in questo vortice infinito, nessuna festa, nessun Natale, nessuna gioia dell’anima. Valeva la pena versare tutte quelle lacrime, per ottenere questo risultato? Per restare col pugno chiuso ad afferrare uno striminzito – mi ricordo… – nostalgico e banale?