Di Scienza e Anas

Quando si parla di ricerca scientifica, le persone non addette ai lavori, finiscono sempre per concepire la scienza come verità – l’ha detto la scienza! – ti dicono, oppure – beh se lo dice uno studio dell’Università di New York sarà vero – o ancora – Se non si crede alla scienza a chi si deve credere? Ma dove sta l’errore in tutto questo? L’errore è piccolo e si annida in un dettaglio. La ricerca scientifica non è la verità, la ricerca scientifica fornisce spiegazioni possibili ai fenomeni che si dipanano intorno a noi. Queste spiegazioni ovviamente possono essere falsificate o validate proprio attraverso il meccanismo intrinseco alla ricerca scientifica e all’utilizzo del metodo scientifico stesso. Ma come avviene nello specifico questo processo? La risposta è molto semplice, se un ricercatore segue alla lettera il metodo scientifico lascerà per forza dietro di sé una spiegazione chiara e completa di come sia arrivato alle sue conclusioni. Questo permetterà ad altri ricercatori di seguire la sua strada e validare o falsificare i suoi risultati, andando oltre il lavoro dello stesso e facendo così avanzare la conoscenza. Si potrebbe quindi paragonare la figura del ricercatore a quella dell’operaio delle strade (e anche a salario più o meno ci siamo), questo perché quando il metodo scientifico è stato seguito alla lettera, il lavoro è concreto, reale, come una strada che porta da un luogo all’altro. Si può seguire, percorrere in direzioni differenti, costruirne numerose biforcazioni.

In passato ho parlato spesso di ricerche che vengono spacciate per scientifiche ma che in realtà sono classificabili, al massimo, sotto l’etichetta di pseudoscienza, perché non seguono alla lettera il metodo scientifico. Per giustificare il loro errore, le persone che realizzano questi lavori in genere, millantano l’inutilità del metodo stesso, come dire che le strade non ci servono, che possiamo benissimo guidare tra i campi e arrivare indubbiamente a destinazione…certo, se sei Ambrogio Fogar probabilmente sì, altrimenti al primo fosso ti fermi. Ma non è questo l’argomento del post. Oggi la domanda è, se i ricercatori scientifici sono gli operai dell’Anas, cosa succede se ci affidiamo ai risultati e ai lavori di chi non segue il metodo scientifico in maniera rigorosa? Una buona metafora me la fornisce Mr. X, che chiamo così perché il nome di questo tizio mi è ignoto.

Mr. X sabato scorso ha preso la sua bella Porsche e si è recato a Meana di Susa nel torinese per un appuntamento di lavoro. Dovendo raggiungere il ristorante, luogo del meeting e non conoscendo il posto, si è affidato completamente al navigatore, che, probabilmente non aggiornato, lo ha condotto in un vicolo che si è fatto a poco a poco sempre più stretto, al punto tale da non permettergli più di avanzare. Cercando di uscirne, tornando indietro a retromarcia, ha bruciato la frizione, ed essendo quasi completamente incastrato tra i muri delle case laterali, di conseguenza impossibilitato ad aprire gli sportelli, si è trovato bloccato completamente all’interno dell’abitacolo. Al nostro Mr. X non è rimasto che chiamare soccorso con il cellulare. Ci sono voluti alcuni uomini della vigilanza antincendi boschivi e un paio di operai dell’Anas per tirarlo fuori, con l’aiuto di uno scavatore, altrimenti sarebbe rimasto chiuso là, all’interno della sua Porsche, intento a maledire il suo navigatore.