Trieste…

Eppure, se ripenso agli innumerevoli ricordi di noi, ammucchiati in stanze della mia mente, nelle quali sempre più raramente cerco di entrare, il ricordo di te, che seduta sul bordo del letto tenti di insegnarmi a cantare, in quell’appartamento a Trieste, avvolto dalla pioggia e dal vento invernale, rimane uno dei più belli. Io non lo so, non ricordo bene come riuscimmo a organizzare quel fine settimana in trasferta, considerata la distanza che ci separava, i vari problemi tecnici e il mio essere completamente disorganizzato, ma successe…fortunatamente, perché quel breve viaggio ha lasciato in me un ricordo indelebile. Sarà stato quel terribile raffreddore che si presentò proprio il giorno della partenza, in seguito al quale sviluppai una dipendenza ai propoli che ha reso l’immagine di quei giorni così, allucinatoria, o forse erano proprio così…quei giorni là.

E tu, che cantavi, o se cantavi bene, ed io che ti incitavo a farlo, solo per vederti muovere la tua meravigliosa bocca, solo per vedere le tue labbra schiudersi e sentir materializzare intorno a me alcune delle Arie più belle. Tu pensavi che ti prendessi in giro, ma tra le innumerevoli persone che mi hanno insegnato ad apprezzare qualcosa che prima non conoscevo, ci sei anche tu, che mi hai iniziato all’opera, che mi hai insegnato la bellezza di alcune delle voci più belle che siano mai piovute sulla terra. Mai dimenticherò il tuo modo di intonare Agitata da due venti tratta da La Griselda o La ci darem la mano tratta dal Don Giovanni e allo stesso tempo, mai dimenticherò il mio misero tentativo di intonare Largo al factotum tratta dal Barbiere di Siviglia e Madamina il catalogo è questo sempre tratta dal Don Giovanni. No, decisamente non apprezzavi il mio canto come al contrario io, apprezzavo il tuo.

Probabilmente, non avresti apprezzato nemmeno la mia performance a Chicago, al raduno annuale della Fondazione Americana Celiachia. Devo ammetterlo, mentre avevo il microfono in mano ed insieme ad un collega, intonavamo proprio Madamina il catalogo è questo, mi sei apparsa davanti tu, con quella tua espressione dubbiosa e allo stesso tempo divertita, che compariva sul tuo volto, quando durante una discussione dicevo una stronzata. Va bene, lo ammetto, anche se qui gioco in casa, neanche il direttore dell’associazione deve aver apprezzato la nostra performance, visto che l’anno successivo non ci invitò e che dopo quell’evento, ogni volta che lo abbiamo incontrato nelle corsie dell’Ospedale dell’Università di Chicago, ha fatto finta di non vederci e ha cambiato strada. Però il pubblico sembrò apprezzare e a giudicare dalla corsa alle urne per staccare gli assegni in favore della Fondazione, subito dopo la nostra esibizione, abbiamo certamente contribuito più noi all’avanzamento della ricerca sulla Celiachia che il governo stesso.

Ma per tornare a quella Trieste, teatro del nostro ultimo week end insieme, dove pioggia, vento e freddo impazzarono ininterrottamente senza permetterci di mettere il naso fuori casa, dove camera, cucina, bagno, non necessariamente in quell’ordine, si susseguirono ininterrottamente giorno e notte, dove quelle Arie risuonavano tra quelle pareti di stanze modeste, dove c’eri tu e c’ero io e oggi probabilmente là, c’è sempre l’odore del nostro ricordo.

Ti ho rivista in questi giorni, quasi per caso, mentre passeggiavo solitario nelle campagne che amavamo e che, sempre hanno ricambiato il nostro amore nei loro confronti. Ti ho rivista ed eri tu, almeno quella parte di te che si libera al vento, strappando il sipario della vita reale, nascondendosi agli occhi di tutti, per diventare quello per il quale davvero è nata…

Ti ho rivista in questi giorni ed è per questo che scrivo di te, che si sappia in giro che ti devo molto, una grossa fetta di me e che per riparare questo debito, non basteranno novantamila vite.