Inquietante ferragosto…

Cielo azzurro, caldo, umidità, prospettive cittadine inquietanti, ombre terrificanti, pensieri cupi che s’infrangono contro un sole che non perdona, mentre vago solo, senza meta, per la città deserta, alla ricerca di non so che cosa, verso una destinazione che per ora mi è ignota, i passi che inciampano sull’asfalto bollente, le idee che cadono a terra, rotolano sul marciapiede, finiscono sotto una panchina, le raccolgo, mi siedo, ferro rovente che quasi mi brucia i vestiti, marchia la mia carne, punizione inquisitoria, tortura, le campane della cattedrale che suonano sorde, dodici rintocchi, ad indicare il mezzogiorno di questo strano, angosciante, ferragosto.

Chiudo le palpebre, ho la fronte imperlata di sudore, l’asciugo con il braccio – Sono finito all’inferno senza nemmeno rendermene conto… – penso, aprendo nuovamente le palpebre, guardandomi intorno.

Un gatto nero, unica forma di vita presente, a parte me, esce fuori da dietro la statua di un condottiero, mi osserva, lentamente si avvicina, mi raggiunge, si siede ai miei piedi, i suoi occhi a incrociare i miei, miagolio che rompe il silenzio surreale che avvolge la città – Dove sono finiti tutti quanti mio giovane amico? – chiedo, mentre mi abbasso e gli gratto la testa, lui che chiude gli occhi e fa le fusa – Mi sa che te lo sei chiesto anche tu… – concludo, continuando ad accarezzargli il dorso.

Persi in questo assurdo ammasso di cemento, io e questo gatto del quale ignoro il nome, c’incontriamo, casualmente, ci scegliamo, in questo strano, surreale, inquietante giorno d’agosto, diventiamo compagni di viaggio, passiamo qualche minuto insieme, poi, lui si alza, si allontana, alla ricerca, probabilmente, di un po’ di refrigerio, io riprendo il mio cammino, attraverso la città deserta, alla ricerca di non so che cosa, verso una destinazione che per ora mi è ignota, i passi che inciampano sull’asfalto bollente, inferno cittadino, estate che raggiunge il suo apice, temperature incredibilmente alte, mi asciugo ancora la fronte, individuo una fontana, mi avvicino, infilo la testa sotto il getto d’acqua fredda, mi bagno i capelli, le idee sgocciolano giù, oltre la grata dello scarico, mi rassegno, la testa vuota – Andrà meglio domani… – penso – …andrà meglio domani.