Sull’immortalità di certe cose, o di cose certe…

Ripenso il tuo sorriso, e rivedo i tempi in cui, inebriato dalla tua voce, mi perdevo in grotte buie, anguste, cunicoli freddi, umidi, che sprofondavano giù nella terra, insetti, forme di vita sconosciute, mostri strani, file di formiche e ragni e pipistrelli, ad accompagnare il mio cammino al centro del mondo, al centro del tuo cuore, caverna del sentimento, eco tenebroso, sgocciolio di sangue e acqua, poco ossigeno, respiro strozzato, suono sordo di pietruzze che rotolavano spinte dai miei passi incerti, non una luce a guidarmi, inciampar qui e là, a volte cadere, per rialzarmi ferito, le ginocchia e i palmi delle mani doloranti, riprendere il cammino, andare avanti.

Ripenso il tuo sorriso, all’imbroglio del bello nel brutto, del pieno nel vuoto, ripenso alla strada percorsa nel cercarti, nella speranza di trovarti, ripenso al masochismo legato all’andar avanti, verso certe, impraticabili, strade, e l’illusione del credo personale si disfa, il giardino dove mi trovo, si trasforma per un istante, nell’antro angusto da me attraversato in passato, alla ricerca di una parvenza di felicità, un sostegno a certe inaccettabili fragilità, salvagente per illusi, vagar a caso, a tentoni, un altro passo, ancora un altro misero passo, diretto al nucleo delle cose, a scoprir se almeno là, esse, riescono a tradire il loro ultimo segreto.

Ripenso il mio sorriso e il giardino compare nuovamente intorno a me, il cielo azzurro, gli alberi, l’erba, un pettirosso, alcune gazze, a salutarmi, cuore che riprende a battere regolarmente, il sussulto incatenato al pensarti, svanito nell’odore della limonata, che fresca attende, paziente, di esser bevuta. Meritata tranquillità, ricordi terribili che essiccano al caldo sole estivo, zolle di terra bruciata, non piove da giorni, né su me, né sul mondo. 

Chiudo gli occhi, bevo, respiro profondamente l’odore del limone, antidoto magico ai mali del mondo, poi, ripenso il tuo sorriso, miraggio di felicità, tranello beffardo, espressione d’ingenuità, che nella banalità di certe cose umane, si perde, e i tormenti di un tempo vengon sommersi da un’ondata di calma, che mai in vita ho desiderato cose precise, nitide, regolari, piuttosto l’imperfezione, il mistero, l’illusione, il non capire mai, funambolo in bilico su una fune, il senso delle cose, che solo nella ricerca di esso, risiede il segreto ultimo dell’immortalità.