Dal sottosuolo riemergono angosce, paure, suggestioni macabre lontane nel tempo e nello spazio, le percepisco, brividi che scivolano giù lungo la schiena, gambe che s’immobilizzano, piedi fermi sulla terra friabile, e sotto la superficie, a chilometri di distanza dalla luce cupa del giorno avvolto da un improvviso temporale, bare, corpi in decomposizione, sguardi persi nell’immobilità illusoria delle zolle, memorie che rimbombano nei crani vuoti – pietà… – sembrano chiedere le mani ossute, quelli che una volta erano i palmi, aperti, rivolti al cielo, stigmate dell’esistenza.
Ed è verso quel cielo, nubi a coprirlo completamente, pioggia che cade violenta, fulmini e tuoni improvvisi, che rivolgo il mio sguardo triste, la mano sinistra chiusa a pugno, quella destra a tenere una tazzina di caffè caldo appena fatto, una strana angoscia che mi sfiora, mentre miriadi di insetti strani, i loro nomi a me sconosciuti, si cibano di ciò che resta dei morti, si cibano di me, cervello che pulsa, percezione di qualcosa che si muove all’interno del cranio, un pensiero, scarabeo che scava, muove le zampette, raggiunge il mio ippocampo, lo sfiora con le antenne, ricordi persi chissà dove che riaffiorano alla mia mente – pietà… – sembrano chiedere i miei occhi gonfi, arrossati, lo sguardo diretto verso l’alto, in direzione delle nubi nere, gocce di pioggia che diventano lacrime, trasformazioni, metamorfosi, ora uomo, ora scarafaggio, ora uomo, presente e ricordi del passato, poi ancora presente, di nuovo ricordi del passato, dolore infinito, più dello stesso universo.
Ed è verso la terra, erba confortata dalla pioggia improvvisa, inaspettato sollievo dopo il caldo torrido degli ultimi giorni, che rivolgo lo sguardo, triste, la mia mano sinistra aperta, a tenere la tua, corpo invisibile, impossibile percepirti, so che ci sei, anche se non ci sei, anche se non ci sono, l’universo intero che scompare, esistenza nell’inesistenza, la terra, i vermi, i corpi morti, materia che svanisce, infinito silenzio, oscurità, nessuno a percepire, nessuno ad osservare – pietà… – chiedo, e poi il nulla, il tutto, o chissà che cosa, al di là di questo ultimo pensiero, non c’è senso.