Camera con vista…sull’inferno…

Mi sacrifico così, al mistero del giorno che nasce, un occhio aperto sul mondo, uno ancora chiuso, a osservare le sfumature degli ultimi sogni, visioni oniriche angoscianti che si intorcinano con la tranquillità del mattino, yin e yang di un’emotività complessa, oscurità e luce a braccetto, sovrapporsi di due corpi, quello reale e quello mentale, penetrazione, tornare a completarsi, tornare ad esistere, gli occhi di entrambi aperti, ad osservare il soffitto.

Una mano mi sfiora, compare dal nulla, nessun corpo ad allungarsi oltre il polso. Mi accarezza, inquietante presenza, e il suo manifestarsi, incongruenza, dissonanza, si scontra con la dolcezza del mattino, forse, o forse no, va bene così, questo è quello che si ottiene quando si fanno affari con anime oscure, intossicazioni della mente, contaminazioni del proprio vissuto soggettivo, petali di un fiore che cadono giù per terra, mentre poco distante dal letto, sul tappeto, un grosso ippopotamo mi osserva, immobile, scuotendo le piccole orecchie.

Apre la bocca, quando si accorge che lo guardo sospettoso, e attraverso i suoi denti, nel buio del suo palato, intravedo stelle, pianeti, una galassia, universo nell’universo, visioni mistiche, costruzioni cerebrali assurde, irreali, la mano misteriosa che continua ad accarezzarmi, a passare le sue dita su tutto il mio corpo.

Chiudo gli occhi, questo è quello che si ottiene quando si fanno affari con gli spiriti maligni, percezioni strane, perdita di sé stessi, e oltre le palpebre chiuse ad ogni battito, fantasmi orrendi. Questo è quello che si ottiene quando si percorrono strade poco battute, alla ricerca di quel qualcosa, pulviscolo demoniaco, che ossessiona le nostre notti più nere, più assurde, più terribili, baratro che si affaccia direttamente sulle tenebre, camera con vista sull’inferno.

Mi sacrifico così, al mistero della notte che muore, un occhio aperto sugli ultimi sogni, uno ancora chiuso ad osservare il mondo, intorpidimento del corpo, la mano che scompare nel nulla, da dove poco prima è arrivata, l’ippopotamo che comincia ad allargarsi, allargarsi, allargarsi, fino a esplodere, gocce di sangue assorbite dal mio corpo, e ad ogni battito di cuore, tornare ad esistere, gli occhi aperti ad osservare il soffitto, ad osservare l’inferno.