Chiamami così…

Chiamami così, con quel nome che tu sai, che sussurri ogni volta, quando i nostri sguardi improvvisamente si incontrano. Chiamami così, nell’incertezza del movimento interrotto, nel passo non steso, nell’indecisione sospesa tra la vita e la morte, nel grido strozzato, nel pensiero non formulato, lasciato cadere, precipitato al suolo, pavimento sul quale sono disteso, tu, chiamami così, adesso, oppure lasciami in pace, lasciami morire, ora, sempre. 

Il freddo delle mattonelle dietro la schiena mi fa rabbrividire, la mano destra stringe la penna rossa, quella sinistra accarezza i fogli sul quale sto scrivendo, annotando, raccontando di te, del tuo mondo, universo sconosciuto che costruisco giorno per giorno, immaginando, creando, ciò che probabilmente non esiste, ciò che comparirà soltanto nel momento in cui, avrò finito il mio lavoro.

Silenzio tutto intorno a me, i sensi attenti, a cercar di percepire il benché minimo rumore, un indizio della tua presenza, il tuo rispondere al mio disperato richiamo, alla mia richiesta, al mio ripeterti, ancora e ancora, mantra continuo e insistente, di chiamarmi, di ispirarmi, come solo tu sai fare. 

Bisogni che sopraggiungono in mattini come questo, lenti, vuoti, forse anche dolorosi, indubbiamente terribili, pugnalate al petto, dolori lancinanti, sangue ovunque, dispersione, perdizione, e dall’altra parte, il pensiero di te, il desiderarti, l’attenderti con impazienza.

Osservo il soffitto, ne studio ogni minimo particolare. Batto la punta della penna, sulla pila di fogli scritti e stampati nei giorni passati. Un tic-tac sordo, disturbante, ossessivo, maniacale, squarcia il silenzio, rompighiaccio che penetra il corpo inerme disteso al mio fianco, romanzo, essere umano, punito per colpe che non ha, le sue spoglie che verranno sepolte a breve, dopo esser state bruciate, se tu non verrai in suo soccorso.

Così, chiamami, per salvarlo, per salvarmi, per sollevarmi da questa scomoda posizione, per permettermi ancora, di chiudere gli occhi e vedere con nitidezza quello di cui ho bisogno, quello che devo scrivere, creare. Chiamami o sarà la fine – penso, abbassando le palpebre e lasciandomi andare, sperando di sentirti sussurrare il mio vero nome.