Trecentosessantacinquesimo pezzo di me…

“…Qualcosa di me, resta impigliato nei pensieri di chi, da un anno a questa parte, legge e segue ciò che scrivo, ciò che creo. Esiste gratificazione più grande? Non credo, per questo non so scrivere ringraziamenti all’altezza di quello che da voi ricevo. Non voglio banalizzare, non posso farlo, chi mi legge sa bene il perché, ma il cuore batte forte, e questo credo possa bastare a far capire quanto conti per me, questo abbraccio virtuale con voi, che ogni giorno mi seguite.
Un grande progetto, necessita di sviluppi, e domani, ventotto aprile, giorno in cui un anno fa, con il pezzo zero, cominciai quest’avventura, indubbiamente ci saranno, oggi però penso ad altro, mi rilasso. Negli ultimi dodici mesi ho scritto un pezzo al giorno, una media di duemilacinquecento caratteri a pubblicazione, questo fa di me uno degli autori più produttivi del web, dietro solo ai quotidiani e ai siti gestiti da più persone. Quello che credo sia davvero importante però, al di là della quantità, è il contenuto racchiuso in ognuno di questi lavori, che nella loro unicità e perché no, anche personalità, devono essere considerati delle vere e proprie manifestazioni d’arte letteraria…” 

Fuori, in giardino, una gazza ciancia qualcosa, mi distrae da quello che sto scrivendo, dimentico cose, passaggi, ciò che vorrei dire, e perché no, anche quello che penso. È il caos del mattino che si apre al giorno, incontrollabile, fresco, il sole che nasce, la vita che riprende, a singhiozzi, un caffè, qualche biscotto, un bicchiere di latte e poi, di nuovo altro caffè.

Lascio stare i ringraziamenti, ci son cose che nemmeno io so fare, e d’altronde, se per me non esiste gratificazione più grande del sapere che mi leggete, è vero anche che non esiste da parte mia ringraziamento più grande, del continuare a scrivere per voi.

Sorrido, mi alzo dalla scrivania, afferro la tazza di caffè poggiata vicino alla tastiera e la lancio contro il muro. Il gesto mi ricorda quello di un carissimo amico, Virginio, che da qualche tempo, esattamente da quando è tornato insieme alla moglie e alle sue bambine, non sento più. Peccato.

La macchia scura spicca sul muro bianco, mi avvicino, la guardo attentamente, ne seguo scrupolosamente ogni linea, al suo interno ci vedo nell’ordine: un albero, una mela, un serpente, un uomo, una donna e, che dire, vi voglio bene.