Qualcosa di te, resta impigliato tra le mie dita. I tuoi capelli oramai scuri, oramai bianchi, allungati, tanto allungati, troppo allungati, scivolano giù, sul mio respiro, sul mio dirti ciao, mentre ti fisso in quella parvenza di occhi dal colore non identificabile, sul mio cantare di note e poesie, le mani che scorrono sulle lettere, parole, rime, che si perdono lontano da me e te, oltre uno spazio infinito, dove noi, chissà cosa saremo, forse una tazza di tè, qualche biscotto fatto in casa, una fetta di torta, le tue mani che lavorano la farina muovendosi lentamente, con forza, come quando mi massaggi il cuore, ad alleviare dolori che ristagnano dentro di me, e forse, anche dentro di te.
Mi avvolge al tempo, tromba d’aria impalpabile, idea di te, che ti alzi, cammini nuda, via, lontano, nel buio, nel giorno, un fiore che cade sulle tue spalle, malinconia di un mattino di aprile, tempesta di pioggia e petali che ti rende fantasma ai miei occhi, ombra diafana, entità astratta, un pensiero, un disco che gira senza interruzione da secoli, corde rotte di una chitarra, una macchina fotografica che non scatta più da tanto, troppo tempo, una carezza sul tuo volto, sul mio, ad alleviare le tristezze depositate sulla tua pelle, forse, anche sulla mia.
Un pettirosso si allontana, il tuo bracciale cade per terra, tintinnio sordo di metallo che rompe il silenzio, mentre tu chiudi gli occhi, mentre li chiudo anche io, la profondità della realtà che si infrange nel nostro idillio lungo secoli, barca persa nella tempesta, luce oltre le palpebre, la sofferenza di un giorno come tanti, l’agonia di una morte lenta, fin troppo lenta, un accendino ricevuto in dono e regalato a un anonimo piromane, incontrato per caso, giù in strada.
Libertà cosi, che scivola lontano, oltre i nostri occhi, qualche lacrima cade a te, sulle mattonelle rosse, mentre raccogli il bracciale rotto, qualche lacrima cade a me, scivola giù lungo la mia guancia, il profumo dell’orgasmo ancora lì, nascosto nel vuoto circolare di un anello d’oro poggiato sul tavolino, di fianco al portafogli, poco lontano dall’orologio da polso, da un mazzo di chiavi, che osservo e che mi chiedo quali porte mai apriranno.
Libertà così, di lunedì avvolti da minuti lontani, passati e poi passati ancora, a rincorrersi, bambini innocenti, fin quando stremati non si fermeranno, fin quando il battito, le corde della chitarra, il pettirosso, non si fermeranno anche loro, e il silenzio tornerà a cantare qualche nuova canzone, nudo, onesto, come te, che ti allontani, nudo, onesto, come me, che ti guardo, figura distorta, gli occhi appannati dalle lacrime, e tra le mie dita, una maglia del tuo bracciale, l’eco della nostra storia che rimbomba da qui all’infinito.