Paradisi, inferni…

Ti sento, mentre scivoli lentamente nella stanza ancora abbracciata dalla notte. La tua presenza tranquillizza il mio lento risveglio, cadenzato da un battito di cuore regolare, che si traduce in un respiro lieve, il minimo dell’energia richiesta per sopravvivere. 

Da qualche giorno, mi addormento velocemente e faccio sogni inusuali. In molti di questi, ci sei tu che, con indosso un vestito lungo, colorato, un cappello di paglia in testa e i piedi nudi, davanti a me, raccogli fiori di campo. Saltelli allegra su un prato erboso, giunchi, denti di leone, narcisi, margherite, campanule, sono sparse qui e là, e sembrano attendere impazienti, che le tue belle mani, lunghe, delicate, bianche, curate, si posino sui loro steli, come se questa fosse, la loro morte preferita. Tu sorridi, canti canzoni che non ascolto da secoli, sei l’espressione di una felicità che sempre più raramente si vede, si percepisce – Non è forse il più bel sogno che la mia mente abbia generato? – mi chiedo e sembro chiederti, lo sguardo rivolto verso l’angolo più buio della mia camera.

Se un paradiso da qualche parte esiste, certamente, per me, è come in questo sogno appena raccontato, che la tua voce già rappresenta un eden in terra, rifugio per il cuore, bunker di gioia, dove i rumori della sofferenza terrena, i problemi dell’uomo in vita, le nefandezze della società, tristezze, dolori, non possono arrivare.

Chiudo e apro gli occhi, la sveglia segna le cinque del mattino, cifre rosse che balenano nel buio che ti trattiene, aria sospesa, il mondo che mi appare completamente immobile, eccezion fatta per il mio petto, per i miei occhi. 

Il dinamismo veloce dell’esistenza, temporaneamente placato nelle prime ore del giorno, preserva il suo moto nella mia attività cerebrale. Un turbine di azioni, movimenti, ricordi, immagini, voci, si stendono, si allargano, si intrecciano tra di loro, maglie dell’esistenza, strette e precise, lunghe da qui all’infinito. È lì, in quel vortice di sensazioni, pensieri, costruzioni mentali, che vengo risucchiato, che mi perdo, che vivo centinaia di esperienze parallele, impossibili da memorizzare, impossibili da metabolizzare. A causa del battito cardiaco che velocemente accelera e mi travolge, sono risucchiato nelle canalizzazioni semi-otturate della mia anima e vengo risputato fuori, quasi fossi materiale da espellere, attraverso i miei occhi in lacrime. Con un balzo deciso esco dal letto, a pezzi, sono pronto per affrontare una nuova giornata, una nuova settimana.