Caotico giovedì…

Di passeggiate, boschi, laghi, profumi, colori, suoni e parole che si stendono ad attraversare migliaia di universi differenti, sentieri dispersi in mille direzioni, ognuno dei quali, conduce a te. Mi fermo, rifletto, i pensieri formano un’eterna ghirlanda fiorita e profumata, gelsomini bianchi, forse, non sono un’esperto di fiori, tanto meno di odori, anche se da secoli mi chiedo quale sia il tuo, e, sempre da secoli, provo a identificarlo. Segugio improvvisato, da quando sono venuto al mondo, cerco di individuare la scia che hai lasciato, il cammino più breve per raggiungerti, per perdermi, per trasformarmi in qualcosa che ancora non sono diventato. 

Cani che abbaiano in cortili chiusi, scarpe sporche di fango e pioggia, sole che viene, sole che va, lo sciabordio delle onde contro un molo lontano, e poi, non ricordo il nome dei bicchieri da acqua, ho scordato come si tiene un calice di vino e la casa è un caos eterno irrimediabile, centinaia di specchi rotti ovunque e su ognuno di quei minuscoli pezzetti, un ricordo, un pensiero, un riflesso di te, sorrisi mai visti, se non nei miei sonni più riposanti, rifugio di sogni ricercati e raramente trovati.

Rumori lontani, pensiline sotto la pioggia, autobus, sciarpe, inverni ed estati che si susseguono gli uni dopo le altre, abbracci primaverili e autunnali ad unirli, e poi, miriadi di sentimenti, sensazioni che scivolano sull’asfalto, nel traffico, tra le persone che camminano, le mascherine sul volto a coprirne la mimica, figure avvolte nel vento che non sanno più da dove vengono, e vagano, senza conoscere la loro destinazione. 

Cantieri di notte, rifugi sicuri, luoghi dove incontrare noi stessi, abitanti di presenti passati, di futuri inesistenti, luoghi dove porre fine al passato e abbracciare definitivamente il futuro, luoghi dove seppellire i dolori e quell’imperdonabile me, che sempre meno riesco a capire e che mi trovo a dover perdonare, mentre mia figlia mi chiede: Papà esistono le streghe?