Equilibri gravitazionali…

Notte fonda, silenzio, mi sono appena svegliato. Qualche minuto fa ero nel bel mezzo di un sogno intenso, inseguito da qualcuno, cercavo di scappare, un’ombra dietro di me provava ad afferrarmi. Sono sudato, come se davvero avessi corso per qualche chilometro, il cuore mi batte forte in petto, il suo tum-tum è l’unico rumore che in questo momento percepisco. 

Afferro la bottiglia d’acqua sul comodino, bevo un sorso, dopodiché mi stendo nuovamente sul letto a osservare il soffitto, respiro profondamente, cerco di ritrovare la tranquillità, cerco di afferrare un pensiero felice, operazione necessaria per ritrovare velocemente il sonno perduto. 

Dentro di me rivivo il pomeriggio appena passato, io che insegno a mia figlia ad andare in bicicletta, un classico della vita di noi padri. Chiudo gli occhi, vedo il parco, le ruote che girano, il sole alto nel cielo azzurro, posso sentire le sue risa e lentamente, al suono della sua voce, mi addormento. Adesso, sulla bici ci sono io, dietro di me mio padre che mi parla, mi tranquillizza, mi spiega come fare per non cadere. 

Siamo nel parco vicino casa, io e lui, è un sabato mattina come tanti, mamma è a casa, approfitta della nostra uscita per fare le pulizie e preparare il pranzo, oggi vengono a mangiare anche i nonni. C’è il sole, è una splendida giornata, mio padre ha tolto le ruote piccole dalla mia bicicletta e prova ad insegnarmi ad andare da solo.  

Metto i piedi sui pedali, incomincio a muovermi, la sua voce mi dice di continuare a pedalare, io traballo, quasi cado, lui mi tiene per il sellino, continuo, traballo di nuovo, recupero, trovo nuovamente l’equilibrio, poi, improvvisamente, cado per terra. Mi volto, mio padre è rimasto molto indietro. Corre verso di me, felice, ho fatto un sacco di metri da solo, prima di cadere. Quando mi raggiunge, mi abbraccia, si congratula con me, posso percepire la felicità nei suoi occhi, come se quel momento lo avesse desiderato da tantissimo tempo. Alzo la bicicletta, mi rimetto in piedi, salgo sul sellino e mi allontano da solo, traballando, mio padre resta dietro di me. Non lo vedo, non so cosa faccia, ma sono sicuro che sorride, felice.

Un attimo fulmineo, in piedi ci sono io, davanti a me, Livia in bicicletta. Sorrido, oggi lei si è allontanata un passettino da me, ma come so che la mia vita continua, nonostante tutto, nonostante la lontananza, la morte, a gravitare intorno a quella di mio padre, so che lei continuerà a gravitare intorno a me per il resto dei miei giorni sulla terra e oltre. Satelliti, pianeti, universi complementari, inseparabili, persi in un meraviglioso sogno, come quello che sto facendo proprio in questo istante.