Tutto il tempo del mondo…

In questo mattino, di un febbraio oramai giunto al termine, mi sveglio nella tempesta: tuoni, fulmini, pioggia che s’infrange contro i vetri, grida indistinte di qualcuno che è già in piedi, nonostante siano da poco passate le cinque del mattino. 

Mi giro tra le lenzuola calde, poca voglia di alzarmi e iniziare la giornata, poca voglia di cominciare le operazioni del mattino. A volte è così, i minuti passano ugualmente, la sabbia, nella clessidra della vita, continua a scendere imperterrita, ma noi fingiamo di non saperlo, non rispondiamo alla chiamata del vivere, chiudiamo gli occhi nuovamente, abbandonandoci a una sorta di dolce illusione, culla di tranquillità, come se avessimo a disposizione un tempo infinito – We have all the time in the world… – cantava Louis Armstrong anni fa.

Mi allungo verso il comodino, prendo il telefono: centodieci email, venti messaggi, notifiche Facebook, Instagram, Telegram, WhatsApp. Ecco, mi sale già il mal di testa a guardare quei numerini bianchi su sfondo rosso che lampeggiano, come a dire: devi rispondere! Il mondo contemporaneo è così, puoi essere nascosto nel posto più remoto, ma se possiedi una connessione internet, sei ovunque, e tutti coloro in contatto con te, sono in casa tua.

Li immagino, seduti sul divano ad attendere che mi svegli, che esca dalla camera, per porgermi una domanda, per dirmi qualcosa, per raccontarmi l’ultima vicenda della quale non sono a conoscenza, l’ultima novità. Un tuono interrompe la mia visione, amici, conoscenti, parenti, scompaiono improvvisamente, restiamo solo io e questo apparecchio grande quanto il palmo della mia mano. 

Scorro il dito, pensando a quale app dare priorità, ma poi, improvvisamente, mi fermo, non ho l’energia per potermi lanciare in questo primo contatto, per ascoltare, per rispondere, per tornare alla vita, per connettermi al mondo. Apro YouTube e cerco il pezzo di Armstrong al quale pensavo qualche minuto fa, colonna sonora, tra l’altro, di quello che per me è il miglior James Bond mai prodotto. 

Con la miglior sceneggiatura, la storia più bella, scene incredibili girate in gran parte d’Europa, Telly Savalas nei panni del cattivo, la meravigliosa Diana Rigg nel ruolo della Bond Girl di turno e una colonna sonora fantastica, di Louis Armstrong appunto, On her Majesty’s secret service (Al servizio segreto di sua maestà, 1969) per me, è il film più bello della serie dedicata al popolare agente del servizio segreto britannico. Peccato che l’attore scelto sia forse il meno adatto, con Sean Connery al posto di George Lazenby, il film sarebbe stato perfetto, ma non si può avere tutto.

Clicco sul brano, la musica parte, la voce di Armstrong cancella il silenzio nella stanza, i rumori del temporale diventano brusii lontani. Poggio il telefono sul comodino e mi stiracchio sornione, ho tutto il tempo del mondo.