Di telefoni rotti e Musical

Quando l’altro giorno, appena sveglio, il telefono mi è caduto per terra, scivolando delicatamente sulle lenzuola come Deborah Compagnoni sulla neve e scontrandosi, ovviamente dalla parte del vetro, contro il pavimento, ho capito subito che quella sarebbe stata una gran rottura di maroni. L’ho sollevato da terra come un archeologo raccoglierebbe il Santo Graal e guardandolo attraverso gli occhi appiccicati, ancora semichiusi per l’imminente risveglio, ho cercato di valutare l’entità del danno.

Vetro e cristalli sembravano apparentemente defunti. Ho appoggiato sul petto il mio IPhone 6S acquistato a Chicago nel duemilaquindici e l’ho strinto forte – Sei quasi sopravvissuto a cinque anni di vita amico mio…grazie… – gli ho detto, dopodiché mi sono alzato e l’ho appoggiato sulla scrivania. Ho svolto tutte le operazioni di inizio giornata, poi ho pensato bene, anche dopo consiglio della mia consulente tecnica, di farlo vedere a un esperto.

Sono sceso così in strada, il telefono stretto tra le mani, come a volergli alleviare quel dolore che io stesso gli avevo causato lasciandolo cadere così, mentre semplicemente mi giravo appena sveglio – Devo smetterla di addormentarmi con il telefono sul letto, se sopravvivrai giuro che ti lascerò sul comodino la sera…anche perché non ho proprio voglia di comprare un telefono nuovo adesso… (seguono imprecazioni che eviterò di menzionare) – ho detto guardandolo. In quel momento di distrazione, un ragazzino in monopattino, mi ha travolto, facendomi ancora cadere dalle mani il caro oggetto in fin di vita. Ho ingiuriato contro di lui, ovviamente in toscano, dopodiché ho continuato a percorrere la strada in direzione del venditore e riparatore di telefoni, quasi certamente rubati, del mio quartiere.

Il tipo, molto losco, mi è venuto incontro mascherina munito, appena ho raggiunto il bancone di vetro del suo negozio. Ho appoggiato il telefonino sul vetro e ho chiesto – Buongiorno, che si può fare? Il ragazzo non l’ha nemmeno alzato dal bancone per guardarlo da vicino, ha abbassato la mascherina sul mento e sorridendo ha risposto – Amico mio, comprarlo nuovo! – dopodiché ha allargato le braccia come Carl Anderson nella versione cinematografica di Jesus Christ Superstar (1973) quando canta Superstar, come a indicarmi tutta la merce da lui esposta. Io, in quel momento, non ho potuto fare a meno di immaginarmelo con addosso quella meravigliosa tutina aderente bianca decorata con paillettes e peneri ovunque. Tra l’altro quest’anno si festeggiano i cinquant’anni di vita del Musical uscito appunto nel millenovecentosettanta e, se non lo avete ancora ascoltato, vi consiglio l’ultimo bellissimo lavoro di Stefano Bollani appena uscito, proprio per festeggiare l’evento: Piano Variations on Jesus Christ Superstar.

Comunque, rassegnato dalla triste morte del mio telefono e non intenzionato a comprare qualcosa in quel negozietto, mi sono diretto all’Apple Store più vicino, da un paio di settimane avevo già adocchiato il nuovo modello SE e ho pensato di andare a vederlo e magari acquistarlo. Giunto nel punto vendita però, uno degli inservienti mi ha sbarrato la strada, dicendomi che l’ingresso avveniva solo per prenotazione on-line, procedura eccezionale per via del Covid-19.

Da quel momento ho dato il via a tutta una messinscena incredibile per far sì che il tipo facesse uno strappo alla regola e mi lasciasse entrare, niente, il piantone non ha ceduto nemmeno per un minuto. Giunto al limite della decenza, chiedendogli di portar fuori il telefono e la macchinetta per la carta di credito, cosìcché glielo avrei acquistato nel corridoio, senza entrare in negozio e ricevuto l’ennesimo categorico no, con annessa minaccia di chiamata agli agenti della sicurezza del centro commerciale, tanto ero diventato insistente, sono rientrato a casa con la coda tra le gambe, la reliquia telefonica in tasca.

Arrivato al mio appartamento ho cercato di prenotare la mia visita al negozio Apple, mi hanno dato l’appuntamento per giovedì prossimo, manco debba andare a trovare Gesù Cristo (Superstar).