Fermi nel tempo tra virus e razzismo

Jean-Philippe Daguerre è un attore e regista teatrale Francese. Conosciuto in tutto l’esagono per gli splendidi lavori realizzati mettendo in scena le commedie di Molière, nel 2016 ha vinto ben due Prix Molières, un prestigioso riconoscimento Francese per il teatro (a livello dei Cèsars per il cinema). I premi li ha vinti per Adieu Monsieur Haffmann la sua prima pièce teatrale, ispirata ad alcuni fatti realmente accaduti a Parigi nel 1942. Durante l’occupazione tedesca, Joseph Haffmann un gioielliere ebreo, decide di affidare il laboratorio di oreficeria di cui è proprietario, al suo impiegato François Mercier, a condizione che lui lo nasconda nella cantina, senza venderlo ai Tedeschi. L’impiegato accetta a condizione che il suo padrone faccia un accordo molto particolare con lui. Non vi dico di cosa si tratta, se conoscete il francese potete leggere direttamente la pièce teatrale, che è molto bella e merita l’attenzione degli amanti del genere, in alternativa potete aspettare il 2021, quando uscirà il film, sperando che sia molto fedele al lavoro di Daguerre.

La pellicola sarebbe dovuta uscire a Febbraio 2021, ma purtroppo la data di rilascio è stata posticipata a causa del covid che ha ritardato ovviamente le riprese. La troupe cinematografica era in piena fase di realizzazione quando in Francia, è stato decretato lo stato di confinamento e si trovava proprio a Parigi, a due passi dal Sacro Cuore nel quartiere di Montmartre. Gli addetti ai lavori, avevano previsto solo un paio di settimane di riprese, dopodiché sarebbero passati alla fase di montaggio. Forse per questo motivo, forse per la pressione di finire il più presto possibile, visto quello che in quel periodo stava accadendo in Italia (inizio Marzo 2020), hanno cercato di realizzare più scene possibili. Purtroppo, le vicende si sono susseguite talmente in fretta, da non permettere alla troupe di finire il lavoro delle riprese, ma non solo, il confinamento è stato deciso così in fretta, sebbene due giorni prima si sia comunque svolta la prima tornata di elezioni comunali, che attori e personale tecnico hanno dovuto lasciare il set ancor prima del previsto, per rientrare alle loro rispettive abitazioni. L’abbandono è stato così repentino e l’emergenza così preoccupante a Parigi, uno dei focolai più grandi di tutta la Francia, che ai tecnici non è stato nemmeno permesso di smontare il set allestito per le riprese. Gli abitanti del celebre quartiere, si sono così ritrovati non solo nell’atmosfera covid che molti di noi ben conoscono, silenzi, nessuna persona in auto e desolazione un po’ ovunque, ma anche immersi completamente nel periodo dell’occupazione tedesca in Francia precisamente nel millenovecentoquarantadue. Così tra boutique di altri tempi, manifesti razzisti contro gli ebrei e di propaganda politica, negozi di lingerie che esponevano bustini e corsetti, calzolai, alimentari, saponerie, gioiellerie e quant’altro si poteva trovare nella Parigi di quegli anni, gli abitanti del celebre quartiere hanno vissuto una già strana quarantena in maniera ancor più angosciante.

Mi è venuto in mente questa piccola curiosità, perché in questi giorni, a causa delle numerose manifestazioni e proteste organizzate in seguito alla morte di George Floyd, mi sono spesso sentito come imprigionato nel passato, come se tra le manifestazioni organizzate da Martin Luther King e oggi non fosse passato nemmeno un giorno, a discapito dei morti che a partire dai decessi precedenti al reverendo King, passando per il suo assassinio, fino ad arrivare al decesso di George Floyd, hanno insanguinato questa manciata di secondi che separano il 2020 dagli anni della deportazione degli schiavi. La realtà è che viviamo, e qui non dico niente di nuovo, in un set cinematografico, che viene rapidamente smontato ogni volta, insieme a un repentino cambio di attori, ma che alla fine mette in scena sempre gli stessi orrori, sempre le stesse terribili vicende. A volte succede però, che il set non venga cambiato, che ci sia un imprevisto e che tutto si blocchi, come con la pandemia, come a Montmartre. Allora si ha il tempo di guardarsi intorno, di riflettere. A Montmartre no, gli anziani non l’hanno detto che la quarantena è stata peggiore della guerra…e io posso solo augurarmi che George Floyd sia il virus che ucciderà il razzismo.