Netflop II – Nell’erba alta

L’altro giorno sono tornato su Netflix. Sebbene sia abbonato alla piattaforma da almeno cinque anni, era da settimane che non la frequentavo. Ecco questo è un fenomeno interessante. Divago un attimo. Durante il periodo di quarantena, quasi due mesi e mezzo in tutto, come ho già detto, non ho visionato alcun film o serie televisiva, tant’è che Netflix mi ha riempito la mail-box con una quantità infinita di messaggi, per informarmi sulle incredibili novità caricate sul sito. Nonostante la grande disponibilità di tempo, ho preferito dedicarmi alla lettura e alla scrittura, piuttosto che intrattenermi nel mondo dello streaming. Non so dire quale sia il reale motivo di questa scelta involontaria, sono sempre stato un divoratore di film, serie televisive e documentari, quindi avrei potuto occupare parte del mio tempo coltivando questa mia passione. Probabilmente ha contribuito, la certezza di aver visto la stragrande maggioranza di quello che è stato girato nel passato e vale davvero la pena vedere, nonché l’assoluta convinzione che di tutto ciò che esce in tempo reale, soltanto il dieci percento meriti davvero la mia attenzione. Credo di poter dire questo proprio perché, in qualità di divoratore di materiale audiovisivo, ho ingurgitato nel corso delle mie notti insonni, praticamente di tutto, dai film di Tarkovskij a Gossip Girl, che ritengo essere la cosa più terra-terra che sia riuscito a visionare, per altro interamente. Certo ho delle lacune, non ho mai visto un episodio di Friends o di Big Bang Theory e non sono riuscito ad andare oltre il secondo episodio di Gilmore Girls (una mamma per amica), ma penso di essere uno dei pochi ad aver guardato interamente Murder she wrote (La signora in giallo) e Colombo, per altro proprio su Netflix nei mesi in cui aprii l’abbonamento, bloccato in casa com’ero a causa di uno degli inverni più freddi che abbiano mai toccato Chicago. Probabilmente, proprio per tutti questi motivi, appena ho avuto un po’ di tempo mi sono rifugiato nei libri, con i quali sono un po’ più indietro, intendo dire che devo ancora leggere una quantità di materiale altamente rilevante, che negli anni passati non ho avuto il tempo di esplorare.

Tornato alla normalità però, ho deciso di guardare un po’ quello che aveva da offrire la piattaforma e mi sono connesso. Come prima osservazione devo dire che rispetto ai primi anni di vita del sito, l’elenco di materiale proposto è caduto di livello in maniera incredibile, probabilmente a seguito dell’apertura di altre piattaforme che si sono riprese il materiale inizialmente reso disponibile su Netflix. Di quello che è rimasto, più dell’ottanta percento del materiale proposto è praticamente inguardabile, tanto è vero che scorrendo i film mi sono anche chiesto per quale motivo insisto a versare dieci euro mensili a questo baraccone. Ho deciso tuttavia di dare una possibilità a caso a qualcuno e l’ho offerta a Vincenzo Natali che nel novantasette del secolo scorso, mi ha conquistato con il geniale Cube. Ho messo così In the tall grass (Nell’erba alta, 2019) e non pensate male, non è un film sullo spaccio, sfortunatamente, ne avrei avuto bisogno. Probabilmente non lo avrei guardato se avessi notato che il film era tratto da un libro di Stephen King, questo perché a mio avviso, nessuno, nemmeno quel gran genio di Stanley Kubrick, è mai riuscito a trasferire attraverso il mezzo cinematografico il materiale letterario di King, sul momento però, non ci ho fatto caso e quindi ho premuto play.

Definire Nell’erba alta un troiaio inguardabile è un complimento. Dopo appena cinque minuti ho pensato che nell’erba alta si sarebbero dovuti perdere quelli che hanno concepito quest’obbrobrio, compreso Vincenzo Natali che evidentemente nel Cube ci è rimasto per ventitré anni. Mentre lo guardavo passivamente, mi sono chiesto cosa spingesse un gruppo di onesti lavoratori a buttarsi in progetti così brutti. Possibile che possa essere solo una questione di soldi? Ho spento tutto, ho chiuso Netflix e sono tornato alle mie letture, pensando al mio amico Natalino, che probabilmente tutta quell’erba se la sarebbe fumata, piuttosto che sprecarla su quel set cinematografico.