Marcel Pagnol e il Garlaban

A volte, almeno per me, è essenziale scappare di casa, recarmi in luoghi dove nessuno può raggiungermi, dove il telefono non prende e restare irreperibile per qualche ora. Quando ho bisogno di uno di questi momenti, scappo non lontano da Marsiglia, sul Massif du Garlaban, una zona montuosa, che si innalza intorno alla valle dove sorge la piccola cittadina di Aubagne, a venti minuti di auto da casa mia. È una zona meravigliosamente desolata, i turisti in questo periodo dell’anno sono in genere molto pochi, perfino oggi che qui in Francia è festa…e anche per questo ho deciso di venire qui a passare la mattinata. Al di là della bella passeggiata immersi nella natura, il luogo acquista un ulteriore fascino, grazie ad alcuni set cinematografici costruiti in quest’area intorno agli anni trenta e quaranta del secolo scorso. Camminando sul sentiero principale si possono vedere abitazioni costruite qua e là e in cima a una collina un intero villaggio provençale. L’artefice di tutto questo è il celebre, scrittore, drammaturgo e regista Marcel Pagnol nato appunto a Aubagne.

Pagnol è stato uno dei registi più importanti mai esistiti in Francia, forse il più importante di tutti, insieme a Jean-Luc Godard e Francois Truffaut. Sia Rossellini che lo stesso Truffaut lo hanno identificato come il capostipite del Neorealismo ed infatti è impossibile, guardando i suoi film, non riconoscere lo stile e i tratti del Neorealismo Italiano. Frank Capra ha riconosciuto in lui addirittura il miglior regista delle origini del film sonoro e gli ha attribuito il merito di avere per la prima volta, nella storia del cinema mondiale, riconosciuto e dato un’importanza fondamentale ai dialoghi.

Oltre a essere stato un grande regista, Pagnol è stato anche un prolifico scrittore e drammaturgo. Ho letto due suoi libri, La gloire de mon père (La gloria di mio padre, 1957) e Le château de ma mère (Il castello di mia madre, 1957) e un’opera teatrale, Jazz (1927), dal quale lo stesso Pagnol ritiene che Josef Von Sternberg abbia tratto ispirazione per il suo Der blaue Engel (L’angelo azzurro, 1930). La sua scrittura è meravigliosamente leggera ed espressiva i suoi libri sono una finestra sulla cultura provençale dell’epoca.

Personalmente, esplorando la sua produzione letteraria e guardando i suoi film non posso non trovare una relazione tra lui e Eduardo Scarpetta capostipite della celebre dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo. Il tipo di tematiche, la drammaturgia, lo stile, tutto lega questi due personaggi, che tra l’altro vivevano all’ombra di due città relativamente simili, soprattutto come cultura popolare, Marsiglia e Napoli. Ma un altro legame unisce Scarpetta e Pagnol ed è l’utilizzazione delle loro piece teatrali nel cinema. Nel caso di Scarpetta, predecessore di Pagnol, sono stati soprattutto i De Filippo e Totò a portare sul grande schermo il lavoro del grande commediografo, nel caso dell’autore francese, è stato lui stesso ad occuparsi delle trasposizioni cinematografiche delle sue opere, occupandosi ora della sceneggiatura ora della regia a seconda del film. Celebri sono alcuni di questi, come La femme du boulanger (La moglie del Fornaio, 1938), La fille du puisatier (Patrizia, 1940) e la trilogia Marius, Fanny e César (rispettivamente del 1931,32,36), che vi consiglio di vedere se avete possibilità. Le versioni originali tra l’altro sono caratterizzate da dialoghi in Occitano, la lingua parlata in provença all’epoca e questo le rende ancora più affascinanti.

Che dire, se volete scoprire le basi della cultura di queste parti, Pagnol è un ottimo compagno di viaggio, imparerete così come si beve veramente il Pastis, come si gioca ai Tarots e alle Petanques e come si prepara un ottima Aïoli. Ora la smetto di ammorbarvi con questo pippone cinematografico, continuo la mia passeggiata sui monti e poi vado a bermi un buon Pastis sul terrazzo di casa mia, visto che mancano ancora tre giorni alla riapertura dei locali pubblici…à bèn lèu.