Shakespeare lo ha fatto, eccome se lo ha fatto…

Strani giorni, posso dirtelo, puoi dirmelo, quel che pensi, quel che penso, oltre il prossimo attimo, un bacio, le mie mani su di te, terremoto improvviso, certamente inaspettato, libri che cadono dalla scrivania, e poi, parole sparse su piastrelle rosse, lettere ovunque – Shakespeare lo ha fatto, eccome se lo ha fatto… – ti dico, mentre osservo una R finita a pochi centimetri dal mio alluce, il tuo sorriso a rompere il silenzio intorno a noi – Il sorriso non fa rumore… – mi dici, mentre leggi ciò che scrivo – Certo che lo fa… – rispondo, sorridendo a mia volta, il tuo orecchio interno che vibra, come mai ha vibrato fino ad oggi, il tuo corpo che trema, stupore disegnato sul tuo volto – Avrei pagato qualsiasi cifra per assistere ad uno spettacolo così… – ti dico, mentre raccolgo i testi caduti per terra, tu che passeggi per il mio studio guardandoti intorno, perdendoti in ogni dipinto appeso al muro, nelle foto, nei volti, nei sorrisi, leggendo i titoli dei libri disposti sulle mensole, sulle librerie, sui tavolini, sul davanzale della finestra aperta sul mondo, oltre il quadrato in legno e cemento, il grande prato verde, il fico, il pozzo, la siepe, e poi, l’universo tutt’intorno, il cielo, qualche nuvola, il sole del mattino, tutto riflesso nei tuoi occhi, il tuo cervello a elaborare, analizzare, costruire, scegliere, decidere, immaginare chissà quale altra esistenza, quale altro universo, quale altra vita, quale altra morte. 

Improvvisamente ti volti verso di me, martedì così, fatti di terremoti, scatti improvvisi, esplorazioni, osservazioni, congiunzioni – Gimme some truth! – esclami, avvicinandoti al giradischi, scorrendo i titoli dei vinili – Ti manca… il bello è che te lo avrei anche spedito, se solo avessi conosciuto l’indirizzo per giungere fin qui… – mi dici, poi scegli Legend – Anche Lennon lo ha fatto… – concludi, le note di Imagine che si diffondono nell’aria, a seguire un fruscio inquietante, lungo qualche secondo, io che mi lascio cadere sulla sedia in pelle, tu che ti avvolgi nella luce del mattino che filtra dalla finestra aperta, pettirosso che plana sul davanzale, passa il suo becco sull’ala sinistra, poi su quella destra, poi, di nuovo su quella sinistra, il piano di Lennon a riempirmi il cervello, scivolo sui tasti, bianco, nero, di nuovo bianco, ancora un bacio, le tue mani su di me, ancora un bacio, terremoto improvviso, ancora un bacio, e poi, parole tatuate sulla mia pelle, peli oramai bianchi a nasconderle – Shakespeare lo ha fatto, eccome se lo ha fatto… – sussurri leggendo, prima di scomparire in chissà quale altra esistenza, quale altro universo, quale altra vita, quale altra morte.