Prospettive…

Venerdì, l’ombra della chiesa, che si allunga sulla piazza vuota piena di caldo e polvere, mi guardo intorno, mi chiedo dove siano finiti tutti quanti, mentre percorro il perimetro del grande rettangolo, una statua, monumento costruito in memoria di chissà quali caduti, in chissà quale conflitto, soldato deformato in bronzo, eretta al suo centro, una fontana, secca, costruita vicino al lato nord, un aiuola, rose multicolore, coltivata vicino al lato sud, bar, caffè, ristoranti, tutto chiuso, nessun segno di vita, a parte me e il piccione che si è posato sulla testa del soldato qualche minuto fa, quando camminando, senza meta, sono arrivato qui. 

Vagare così, partir da casa, stendere un passo dietro l’altro, un pensiero dietro l’altro ad occupare la mente, pianta del piede che si appoggia sull’asfalto bollente, immagine che si forma nel cervello, perdersi così, partir da un’idea e ritrovarsi altrove, cose che succedono, in certi mattini, come questo, fremito che percorre il corpo, parole che si accavallano l’una sull’altra, in maniera imprecisa, confusione mentale, necessita di fare ordine, pulizia, necessita di ritrovare alcuni punti fermi, mentre tutt’intorno, la città sembra essersi improvvisamente addormentata in un sonno strano, tetro, surreale. 

Mi siedo su una panchina in legno, il piccione si alza in volo, raggiunge l’asfalto davanti a me, zampetta tra i miei piedi, mi osserva, gli occhi rossi, attende qualcosa, forse del cibo, delle molliche di pane che non ho, io lo fisso attentamente, le mani aggrappate l’una all’altra, restiamo così per qualche minuto, specchio riflesso, fin quando il pennuto comprende e si alza nuovamente in volo, diretto verso chissà dove. 

Resto solo, la città misteriosamente assopita a circondarmi, impossibilità di vedere oltre i palazzi, oltre i tetti rossi, oltre la grande chiesa, la sua ombra, che quasi raggiunge le punte dei miei piedi, le linee della croce posta sul tetto del campanile a separarmi in quattro, ad indicare in me, il punto x, mentre osservo le figure in pietra scolpite sulla sua facciata, i dodici apostoli, la vergine, una colomba e poi, disegni incomprensibili ai miei occhi, il corpo che trema, archetipi, segnali inconsci, percepisco qualcosa, ma non so dire cosa, così, mi arrendo, e chiudendo le palpebre, anche io mi lascio andare a quel sonno surreale che sembra avvolgere tutto quanto.