Macerie…

Tra le macerie eravamo rimasti, la distruzione ad assalirci, accerchiarci, sommergerci, dominarci, frantumarsi di un universo troppo fragile, specchio riflesso della nostra cristallinica esistenza, sotto i colpi dei nostri picconi, dei martelli, dei badili, attraverso il lacerare delle unghie di alcuni di noi che graffiano, e grattano e sgretolano, i nostri fuochi a bruciare tutto, soffocamento, aria crivellata, polvere che penetra nelle nostre bocche, nei nostri nasi, nei nostri orifizi, riempie ogni nostra cellula, soffocamento, morte.

Come parte integrante dell’universo che abitiamo, che ogni giorno attacchiamo in milioni di modi differenti, il nostro destino è già segnato, oltre il dolore, nessuna salvezza, oltre l’illusione di una differenza, di una separazione tra il “me” e tutto il resto, una pietra tombale, senza nessun nome, senza nessun epitaffio, fossa comune universale, buco nero che aspira, inghiotte tutto quanto, nessun residuo di noi, a segnalare il nostro passaggio.

Mi guardo allo specchio, non ho più identità, non ho più certezze, al di là del mio riflesso, perdo me e l’universo intorno a me, e non ho più pace, e non trovo rifugio, e non trovo un appiglio, una corda alla quale aggrapparmi, corpo che va giù, in caduta libera, oscurità tutt’intorno, perdo il contatto con la realtà, se mai ho avuto davvero contatto con essa, in vita mia, milioni di particelle che si staccano l’una dall’altra, atomi che fluttuano, scompaiono nell’immensità, nessun residuo di noi, a segnalare il nostro passaggio.

Mi guardo intorno, buio in sala, un telo nero sullo sfondo di un palcoscenico, assi in legno anch’esse nere, entro in scena, mi siedo su una sedia, respiro profondamente, stanchezza nelle gambe, dolore alla schiena, nessun pensiero, all’interno del mio cranio, altri universi, altri mondi, le mani a stringere le ginocchia, osservo il buio di fronte a me, scuoto la testa, comincio a raccontare una storia lunga millenni, sono donna, sono uomo, non ho razza, non ho provenienza, sono qualcuno e nessuno allo stesso tempo, non ho un nome e vengo chiamato in milioni di modi differenti, sono tutto e non sono niente, milioni di particelle che si staccano l’una dall’altra, atomi che fluttuano, scompaiono nell’immensità, nessun palcoscenico e nessun residuo di me, a segnalare il mio passaggio, oltre il dolore nessuna salvezza, oltre la nostra scomparsa, solo pace, silenzio e nulla più.