Un gallo…

Ho un gallo, nel frigo, morto, spennato, pronto per esser cucinato, mangiato, e le foglie dell’albero in giardino, vibrano ancora, nonostante il forte vento che soffiava questa mattina si sia calmato, no non era Mistral, lui si placa solo alla sera, e comunque, a causa dei cambiamenti climatici, viene a trovarmi sempre più raramente, come il gatto dei vicini, da qualche tempo, anche lui viene a trovarmi più raramente, non è ancora passato, e l’orologio ha smesso di ticchettare, batterie finite, rimpiango la vecchia pendola di mio nonno, il suo battito regolare, il rumore del meccanismo, delle molle, quando una volta alla settimana, con l’apposita chiavetta, lui, mio nonno, la ricaricava, il vibrare del vetro che, alla fine dell’operazione, veniva delicatamente chiuso, con attenzione, data la sua fragilità, mattini così, qualche nuvola nera in lontananza a minacciare il cielo azzurro, il sole che uscito da dietro le colline, ne dora ancora i contorni, il gallo silenzioso, nel frigorifero, spennato dalla moglie del contadino che me lo ha venduto ieri, chiudo le palpebre, cerco qualcosa nella mia mente, al di là di questo attimo di presente, un ricordo, un’immagine di mia nonna, lei sì che era una grande spennatrice di polli e galline, si sedeva al mattino sotto la grande quercia, dirimpetto alla cascina dove abitavamo, una tinozza blu tra le gambe, il collo dello sventurato animale nella mano sinistra, la mano destra a strappar via le penne – Lo avrebbe certo cucinato in umido, mia nonna, questo bel galletto… – penso, aprendo nuovamente le palpebre, sorridendo, immaginandola ancora ai fornelli, spiriti del passato che riaffiorano in mattini così, un po’ grigi un po’ no, le foglie dell’albero in giardino che ondeggiano più velocemente, vento che torna a soffiare, il gatto che compare da sotto la siepe, la voce del vicino, una canzone di Georges Brassens in bocca, Les copains d’abord mi pare, ascolto appoggiato al frigorifero, indeciso su come muovermi nell’imminente futuro, indeciso se mettermi subito a cucinare, proprio come faceva mia nonna, o dare priorità ad altre faccende, il vicino che continua a cantare, il gallo che miagola alla porta, il rumore del vento che si fa sempre più forte, forse sì, forse è proprio Mistral, il silenzio del gatto nel frigo, questione di consonanti e tutto cambia, questione di immagini e tutto cambia – Sì, mia nonna lo avrebbe certamente fatto in umido… – penso ancora, mentre apro il mobile delle stoviglie, tiro fuori un po’ di pentole e mi metto a cucinare.