Di viaggi, mentali e non…

E mi inclino a sud, in questo mattino di sole, ricerca di un contatto con i miei avi, lontani nel tempo e nello spazio, con terre che, al di là di questo mare, attendono da secoli, di esser nuovamente calpestate dai miei piedi, odori, parvenza di ricordi, a guidare i miei occhi nella loro direzione, a comunicarmi che sono ancora là, ad aspettare il mio ritorno, connessioni, profumi portati dal vento, messaggero improvvisato che reca missive che giungono da tanto, troppo lontano, mi commuovo, una lacrima scende, chiudo le palpebre, il calore del sole, gli odori, rumore di onde, canto di gabbiani, grida indistinte, immagini che in me si risvegliano, scorrono davanti ai miei occhi chiusi, una dopo l’altra, momenti, momenti, momenti, e poi, esistenza nell’esistenza, ciò che è accaduto, torna nuovamente ad accadere, alterato, modificato, cambiato dalla memoria stessa, imprecisioni, imperfezioni, creatività involontaria, ho milioni di passati, uno per ogni volta che ricordo, e visto che passo il mio tempo a ricordare, di conseguenza non ho più un passato, l’unica cosa certa, l’unico punto di riferimento che mi rimane, è la terra che mi ha generato, che lontano continua a esistere, a generare frutti, piante, persone, animali, a attendere il mio ritorno, silenziosa, madre che mai abbandonerà i propri figli. 

Apro le palpebre, mi asciugo le lacrime, il sole quasi mi acceca, di una vita spesa in viaggi si può fare anche a meno, se mai si programma una sorta di ritorno, un ritrovarsi, un abbracciare quel che ci ha creati, deve per forza arrivare il momento in cui si fa rotta verso casa, per tanto o per poco tempo, ma è necessario che ci sia, altrimenti l’esser in costante movimento non ha senso, impossibile comprendere completamente ciò che si è imparato, scoperto, vissuto, visto, assaporato.

Sorrido, il momento del ritorno si sta avvicinando, ogni giorno di più, lo percepisco il fermento dentro di me, diga che si sgretola a poco a poco, un lago dietro di lei che quieto, attende d’invadere campagne, città, di sommergere tutto ciò che è stato costruito fino ad oggi, fine necessaria, per generare un nuovo inizio.