Blues…

Amo i giorni come questo, nessuna idea, lentezza mentale, parole bloccate in un ingorgo di pensieri, tazze di caffè che si susseguono l’una dietro l’altra, un lieve nervosismo che mi solletica sotto i piedi, risale su per le caviglie, lungo le gambe, fino al cervello, e si trasforma in smania, un ballo di San Vito infernale, il freddo delle mattonelle, Muddy Waters sul piatto del giradischi, porte e finestre chiuse, nessun rumore esterno, un po’ di luce che filtra dalle tapparelle semi abbassate, debiti da pagare dopo notti insonni passate a leggere, ad ascoltare musica, a cercar di ritrovare il bandolo della matassa di una vita che si dipana in chissà quale incomprensibile direzione, a chiedermi se sia lei a condurre me o io a condurre lei, le ore che passano, l’alba che sopraggiunge e poi, eccomi qui, nessuna voglia di mettermi a dormire, cose da fare, creare, elaborare, esistenza da giustificare, in qualche modo. 

Amo certi giorni, il blues a circondare i miei pensieri, la sensazione che forse riuscirò ad uscirne alla fine, ma non oggi, oggi resto prigioniero, legato a questo blocco mentale, imprigionato in un loop di pensieri, vortice incredibile di ricordi, sogni, sensazioni, riflessioni, il fruscio del vinile giunto al termine, la luce che, minuto dopo minuto, aumenta, il caffè che rapidamente finisce, senza avere il tempo di raffreddarsi, storie di gole ustionate e palati che si spellano, storie di dolori, bruciori, e poi, il desiderio di una sigaretta, e il repentino togliersela dalla testa, non tanto per la paura di riprendere a fumare dopo mesi di astinenza, quanto piuttosto per la fatica di doverle andare a comprare in negozio, rumore sordo di cocci in frantumi, il vicino che ha rotto qualcosa, il mio sorriso mentre giro il disco di Muddy, “Hoochie Coochie Man” che riempie la stanza qualche secondo dopo.

Amo certi giorni, in cui questo stato d’animo ombroso si mescola alla nostalgia che ho di Chicago, le mie esplorazioni del South Loop, le domeniche passate alle jam session organizzate al museo della Chess Records e poi, le notti al Buddy Guy Legends – locale da turisti… – dicevano certi miei colleghi, mentre per me, che al tavolo con lui, Buddy intendo, ci mangiai una jambalaya geniale, ascoltandolo raccontare aneddoti proprio su Muddy Waters, Keith Richards, Chuck Berry, Etta James, Willie Dixon, per poi vederlo salire improvvisamente sul palco, afferrare una chitarra e cantare – The gypsy woman told my mother, before I was born, I got a boy child’s coming, he’s gonna be a son of a gun… – era un paradiso in terra.