Luna piena…

In questa notte di luna piena, che non accenna a concedermi il sonno, non trovo di meglio da fare che mettermi a passeggiare per il giardino, illuminato quasi a giorno, tanto lo sbrilluccichio opaco della luna è potente. Il mondo è particolarmente silenzioso, non passano auto, persone, animali, la città sembra come assopita in un tetro sonno, percepisco una strana angoscia.

Le finestre dei vicini sono tutte chiuse, le serrande abbassate, ad indicare che tutti coloro che abitano in questo cubo di cemento, all’interno del quale, da qualche mese ho preso dimora, sono impegnati nelle classiche attività notturne. C’è calma, una calma strana, che invece di tranquillizzarmi, mi angoscia ancora di più, una quiete che mi innervosisce, impedendomi di trovare gli spunti giusti per intavolare una discussione adeguata con Morfeo.

Indosso una maglietta nera, a maniche corte, della Adidas e un paio di pantaloncini grigi della Everlast, la mia uniforme da materasso, tenuta adatta alla mia passeggiata notturna in giardino, visto che fuori ci sono circa diciotto gradi. Le due di notte sono passate da qualche minuto, ignorate dalla maggioranza della popolazione, che in previsione di un altro giorno lavorativo, ha indubbiamente scelto la protezione delle proprie lenzuola, onorate da me, che ne ho apprezzato il passaggio, guardando di sfuggita il quadrante dell’orologio al mio polso.

Osservo il mondo. Le piante sparse qui e là, nel perimetro circondato dalla siepe, hanno un aspetto più inquietante del solito. Un brivido mi attraversa quando i miei occhi cadono sul grande salice piangente, gigante ricurvo su sé stesso, che sembra avanzare verso di me, quasi a volermi afferrare coi suoi lunghi rami che sfiorano il terreno.

Un cane che abbaia è la scusa per allontanare lo sguardo da quell’enorme pianta, che per qualche secondo mi ha ipnotizzato, trascinandomi in pensieri cupi, orrendi, angoli della mia mente che è meglio lasciar sopiti, soprattutto in questa notte, che reca con sé qualcosa di assurdamente malefico. Guardo lontano, nel buio, il cane continua ad abbaiare contro qualcosa o qualcuno. Forse anche lui, come me, percepisce questa strana atmosfera, forse anche lui, come me, in questa notte così particolare, trova difficoltà ad addormentarsi. 

Improvvisamente il silenzio torna a regnare incontrastato. Afferro un sasso da terra e lo lancio contro il pozzo che campeggia al centro del giardino, centrandone l’imboccatura. Un plof sordo sale in superficie, nel momento in cui la pietra entra in acqua, e fa risonanza con quella vibrazione strana e angosciante che sento dentro, tra un battito di cuore e l’altro. Io, il pozzo, l’ombra del salice piangente, tre facce della stessa medaglia.