Notti inquiete…

Notte di un sabato qualsiasi, lancette di orologio che si allungano in posizione verticale, domenica che dietro l’angolo attende impaziente di entrare in scena. Giro nudo per casa, senza meta, un bicchiere di Armagnac in mano, l’irrequietudine legata alla percezione del tempo che passa o che non passa, a farmi da ombra, un paio di candele accese che tremano incerte, indecise se spegnersi o meno, indecise se farmi sprofondare completamente nel buio o lasciarmi ancora godere del loro sbrilluccichio.

Momenti così, di indistinguibile timore, paura, fermento emotivo tetro, lacerante, assurdamente violento e cupo, mi capitano di rado, fortunatamente, ma quando succede che si presentino al mio cospetto, come un esattore delle tasse si presenta davanti alla porta di casa, si accende in me una smania irrefrenabile ed è un continuo camminare, riflettere, rivedere piani, cambiare carte in tavola, cercare vie alternative rispetto a quella che sto percorrendo e bere, ininterrottamente, fin quando anestetizzato e stanco, per il troppo consumo di energie, non torno a letto, ritrovando il sonno perduto. 

Notte di un sabato qualsiasi, caratterizzato da questo terribile fermento. Ad ogni passo, sento il freddo delle mattonelle sotto i piedi nudi, mentre l’Armagnac che brucia in gola, fa da contrasto alla gelida realtà della notte. Nella mia testa volti, ricordi, pensieri, si susseguono imperterriti, uno dietro l’altro, un cinema aperto solo per me, uno spettacolo che va in onda solo per il mio intrattenimento, mentre il cuore batte forte, il freddo avvolge il mio corpo, fa fremere la mia pelle e la bottiglia di alcool si vuota a poco a poco, cadavere di vetro da me dissanguato, involucro a perdere che mi osserva dall’alto della sua rinnovata inutilità e riconosce in me, nel mio svuotarmi, qualcosa che ci accomuna, quello che ci distingue.