Dei minuti passati…forse perduti…

Il rumore di una fontana, qualche piccione, due mamme con rispettive carrozzine che passeggiano tranquille, il sole, un venticello caldo e profumato, manco fosse primavera, il cielo dipinto di azzurro e me, seduto su una panchina a leggere poesie. 

Ricordo quando le decantavamo insieme, in parchi come questo, in riva al mare, nei boschi, in qualche vigna, dove tra una parola e l’altra speluzzicavamo chicchi d’uva dai grappoli che pendevano dalle viti, ci baciavamo, ci perdevamo l’una tra le braccia dell’altro e viceversa, facevamo l’amore tra le zolle dure, graffiandoci senza rendercene conto e poi, esausti, ricominciavamo a leggere. Leopardi, Montale, Neruda, Prévert, Garcìa-Lorca, Pessoa, Gibram, Dickinson, Whitman, Bisutti, Merini, Pasolini e tanti altri, sfilavano dalla mia borsa alla tua, diffondendosi nell’aria attraverso bigliettini, libri, appunti scritti su blocchi notes e tanta, tanta memoria, i moderni telefoni erano ancora lontani.

Malinconia sale, quando riaffiorano questi ricordi e il vento non è più vento, il sole non è più sole, il cielo azzurro addirittura scompare, mentre i rumori si smarriscono altrove, insieme agli alberi, alla gente, ai piccioni, all’erba e a me, inghiottito in un vortice di tempo e spazio, migliaia di secondi che si dipanano, si accalcano l’uno sull’altro, come una folla inferocita perduta tra un qui e l’allora sempre meno nitido, sempre più simile al sogno che alla realtà – È mai esistitala la donna di cui parli? – gridano, manifestando il loro dissenso, la paura di esser diventati d’un tratto, minuti perduti in una sorta di inutile attività mentale. 

Non so rispondere, evito i loro sguardi e fuggo via, verso altri luoghi, imbrattandomi del colore di altri ricordi, di altri tempi. Poesie mai recitate, stralci di parole mai dette, tenute nascoste nel sottosuolo della mia mente, in rimesse stipate di cianfrusaglie ritenute inutili, che adesso fungono da barriere contro i minuti che mi assalgono –Siamo stati solo tempo perso? – chiedono inferociti – No! – grido improvvisamente chiudendo gli occhi. Quando li riapro, mi ritrovo nel parco, Pessoa tra le mani. Accarezzo la copertina, quasi come se stessi toccando il tuo corpo e sei ancora presente.