Io, te…

Questa notte ho sognato di noi. Erano i film di Woody Allen, alcune scene di Manhattan Murder Mystery (Misterioso omicidio a Manhattan, 1993) che ci facevano ridere, tu che riuscivi a riprodurre la sua voce originale, i suoi isterismi, mentre in cucina preparavi la cena, io che ti osservavo, appoggiato al frigorifero, un bicchiere di vino in mano. Erano alcuni dischi in vinile, che acquistammo in quel negozietto scovato quasi per caso nel New Jersey, colonna sonora di anni di convivenza sofferta, soffocata in rapporti sempre più difficili. 

Io e te, uno costruisce, l’altro distrugge e pubblica i pezzi rotti qui, su queste pagine, come a dire: ecco qui che cosa sei, ecco qui ciò che va oltre la tua biografia. Ho provato a reprimerti, a tenerti rinchiuso, ma alla fine ho ceduto a te, ti ho lasciato entrare e tu, ti sei appropriato di tutto quello che amavo, hai preso la parte più bella di me. Adesso, io cammino per le strade di questa assurda città del sud della Francia, senza meta, quasi meccanicamente, e mi passa il tempo, mentre a te, a te succedono le cose. 

Ho notizie di te dalla posta e leggendo queste pagine mi sembra quasi di conoscerti. Scopro che ci piacciono le stesse cose, ma tu in qualche modo le trasformi, riesci a renderle interessanti, riesci a stupire coloro che leggono, me compreso, quando trovo il tempo di venire a visitare questo sito, che hai chiamato: Claudio a pezzi, perché ti diverte ridurmi in frantumi e lo sai fare meglio di chiunque altro. 

Sarebbe disonesto dire che il mio rapporto con te è ostile. Io vivo la vita e mi lascio vivere da te, in modo che tu possa trovare escamotage letterari per descrivere ciò che avviene tutto intorno, il prodotto finale, quello che tu scrivi, in qualche modo giustifica il mio vivere. Non mi costa niente dire che, questo tuo mettere nero su bianco i fatti miei, ha generato alcuni pezzi davvero belli, persi oramai nel web, dei quali probabilmente, entrambi in futuro, non avremo più memoria, d’altronde sia io che te siamo destinati a perderci in ricordi lontani, in un oblio terribile al quale sopravviveranno, forse, soltanto alcune frasi, merito del tuo lavoro e del mio vivere semplice. 

Gradualmente ti sto cedendo tutto quello che ho, tutto quello che so, nonostante la tua perversa tendenza a falsificare, a ingigantire ciò che prendi, ciò che utilizzi per le tue evoluzioni letterarie. Alla fine mi sono arreso e ho scelto di morire in te, che anni fa ho provato a scegliere la via della fuga, ma è stata pura follia, un perdere me stesso. 

Questa notte ho sognato di me e te, adesso leggo queste righe, e non so chi dei due le abbia scritte.