Del dinamismo di certi rapporti…

La distanza tra me e te è lo spazio-tempo che intercorreva tra la mia auto, parcheggiata sulla cima di una collina, e il laghetto in fondo alla valle, che notammo per caso, tra un bacio e l’altro. Quella corsa a perdifiato mano nella mano, nell’erba alta, ancora umida per la pioggia del giorno precedente, il tentativo di colmarla.

La distanza tra me e te è lo spazio-tempo che si allunga dal tramonto all’alba, in quel sole che scompare da un lato della Baie des Anges per ricomparire ore dopo dalla parte opposta. Un arrivederci e un ciao, illuminati dalla speranza del non morire nell’intervallo dei giorni che si dipanavano tra l’uno e l’altro, il tentativo di colmarla.

La distanza tra me e te, chi può dirlo quanto misuri realmente, in un tempo che si allunga e si contrae a nostro piacimento, diventa ora infinita ora infinitesimale, tanto che dal non vederti all’orizzonte, posso finire per accorgermi che sei a un centimetro da me, l’occhio perso ad osservare una distesa di pelle infinita, solo il tuo odore, l’energia che il tuo corpo sprigiona, ad indicarmi la tua presenza.

La distanza tra me e te è lo spazio-tempo racchiuso in quel ritardo, quasi impercettibile, tra il tuo parlare, emissione delle onde sonore attraverso vibrazione delle corde vocali, e il loro giungere alle mie orecchie. I nostri silenzi, i nostri sguardi, il tentativo di colmarla.

Così, giorno dopo giorno, pagine di carta su un calendario a cifre rosse e lettere nere, qualche massima, quasi a cercar di dare uno scopo alle prossime ventiquattro ore, viviamo distanze che cerchiamo di colmare, minuto dopo minuto, ora io, ora tu, come fossimo impegnati in una danza ossessiva, che, una giravolta dopo l’altra, sempre più veloci, ci fa scomparire in chissà quale dimensione parallela.

Tento di fissarci in quel momento, in quell’eterno vortice silenzioso, dove il bianco del tuo abito si mescola al nero del mio e viceversa. Siamo figure definite che a poco a poco si appiattiscono, diventando linee indistinguibili. Velocità, tempo, spazio, ora esistiamo, ora no, ora siamo materialmente presenti, ora chissà dove ci troviamo. Tento di fissarci, attraverso queste parole, attraverso il bianco e il nero dell’abbraccio tra le lettere e il foglio, tra me e te. Tento di fissarci, ma già non esistiamo più, inghiottiti nel buco nero del pensiero, nell’appiattirsi di un ricordo, nell’oblio di un’idea, che trasformatasi in speranza è diventata il niente, il tutto.