Digitalizzazione degli studenti…

La digitalizzazione della scuola, che nello specifico rappresenta il passaggio dai vecchi metodi di insegnamento ai moderni supporti tecnologici, è un argomento che, in questi tempi di Pandemia, riempie la bocca a un sacco di gente. I giornalisti si lasciano andare a incredibili previsioni su come la conoscenza verrà impartita ai nostri figli, su quanto sarà figo e diverso per loro imparare e andare a scuola e su come cambierà il ruolo dell’insegnante. Questa mattina un amico e collega ha diretto la mia attenzione verso uno di questi articoli, apparso sul Corriere della Sera, ve ne parlo, perché mi ha fatto un po’ incazzare.

Il pezzo inizia citando la celebre scena di: Dead Poets Society (L’attimo fuggente, 1989), in cui Robin Williams nei panni del professor Keating, invita i suoi studenti a strappare la pagina di un libro, un’introduzione alla comprensione della poesia, troppo sterile e scientifica per le sue orecchie e ben lontana da ciò che è la poesia stessa. Il giornalista utilizza questo esempio continuando: Che cosa succederebbe oggi con i moderni tablet? Con internet? Cosa farebbe Keating trovandosi in mano uno di questi supporti?

Leggendo questo primo paragrafo mi son detto – Cazzo! Ecco finalmente uno che andrà diritto al punto… – invece no, è partita la solita pippa futuristica da Jules Verne a metà prezzo. Tolto il fatto che no, non puoi parlarmi di quanto sarà figo l’insegnamento con i tablet, realtà virtuale e realtà aumentata, se le scuole crollano, gli insegnanti non sono adeguatamente preparati e internet non funziona in maniera corretta, insomma se mancano le basi per gestire questo tipo di strumenti, ma poi, cosa ancor più importante, i ragazzi non nascono già pronti all’utilizzo di tablet, telefonini, computer e quant’altro, smettiamola di andare in giro a dire che quelli nati in un’epoca in cui questi supporti già esistevano, sono molto più preparati all’utilizzo di essi. Forse sono più ricettivi, indubbiamente più veloci nell’apprendere tecnico dello strumento, ma per il resto caro mio bravo giornalista, che ipotizzi un futuro in cui i ragazzi partecipano attivamente alla costruzione della conoscenza, sappi che per l’utilizzo ottimale di questi strumenti, serve un pensiero critico talmente radicato, che no, nelle Preferenze di Sistema dei supporti stessi, non lo trovi.  

Ripartiamo quindi dall’inizio, il gesto di Keating non è la provocazione figa di un regista che vuole stupire, è l’invito a un atto di ribellione, l’invito a dubitare di quello che viene scritto sui libri, l’invito a cercare nuove strade e strapparsi di dosso l’eredità storica, studiando, scoprendo, e dubitando di tutto ciò che è stato detto, seguendo le proprie attitudini personali. Keating strappando quella pagina e facendo salire tutti gli studenti sui banchi insegna loro, in maniera incredibilmente violenta, perché quel film è terribilmente violento, cosa sia il pensiero critico, perché è importante assumere altri punti di vista, ma soprattutto che è fondamentale non accettare tutto per partito preso.

Dopo quella citazione mi sarei aspettato un – Come la strappiamo quella cazzo di pagina web? Come glielo insegniamo il pensiero critico ai ragazzi? Usare un Browser possono farlo tutti, ma come insegnare a utilizzarlo in maniera corretta? – queste domande sono importanti, perché si parla sempre di tecnologia in mano ai ragazzi, ma non si capisce come dovrebbero fare per apprenderne l’utilizzo, soprattutto quello semantico, quasi fossero esseri umani dotati di una sorta di apprendimento per osmosi. Ma non solo, queste domande sono importanti anche perché il tramite tra l’informazione e lo studente resta sempre l’insegnante, le tecnologie sono solo, almeno per adesso, un mero strumento di supporto e non possiamo rischiare di avere un’intera generazione di persone che credono alle boiate più incredibili, solo perché nessuno gli ha insegnato a valutare in maniera corretta quello che stanno leggendo. E poi basta con queste idiozie su come gli studenti siano più motivati e attenti quando lavorano sui computer o i tablet, è chiaro che non c’è paragone con l’ascolto di un’ora di lezione svolto, spesso in maniera pedante, dagli insegnanti.

Capisco che sia più figo scrivere un pezzo su stampanti 3D e realtà virtuale e molto meno figo concentrarsi sul vero problema, la formazione tecnica e culturale degli insegnanti e la fornitura di supporti tecnici e strutture idonee, ma non capisco perché non si parli mai, in ogni caso, della preparazione mentale degli allievi. Suvvia non possiamo andar avanti sempre raccontando le stesse stronzate sulla digitalizzazione della scuola se prima non ci chiediamo come digitalizzare correttamente il pensiero dei ragazzi. La digitalizzazione della scuola non esiste se prima non ci concentriamo sugli allievi.

Inoltre c’è una confusione incredibile sull’argomento stesso. L’insegnante spesso viene dimenticato e diviene un individuo così, ridotto a mera figura presente in classe, solo per controllare che nessuno muoia in quelle ore di lezione e che il tablet insegni quello che c’è da sapere. Il giornalista cita erroneamente Einstein – Non ho mai insegnato nulla ai miei studenti; Ho solo cercato di metterli nella condizione migliore per imparare – quasi a concludere che questi supporti diano agli studenti maggior opportunità di apprendimento. Dipende caro mio, dipende sempre dall’insegnante, che resta colui che impartisce la lezione e che no, non è affiancato dal tablet come dici tu, il supporto resta un supporto, almeno per il momento.

Articoli così andrebbero proibiti, in particolare quando al loro interno viene citato Marshall McLuhan in maniera scorretta – Il medium è il messaggio – ovvero il modo in cui si trasmette un concetto influisce sul contenuto stesso, individuando nel tablet il medium. Caro amico, non so quali maestri hai avuto, ma il medium nel particolare caso della scuola, è sempre stato e per ora è, l’insegnante, è lui che trasmette il concetto e che dovrebbe guidare l’allievo nell’utilizzo di quello che è un mero strumento e che prima era un libro, adesso la vastità e le insidie di internet. Sai quale è l’unico futuro possibile se il supporto tecnico,come è concepito oggi, diventa esso stesso il medium? Un futuro popolato da branchi di idioti incapaci di valutare in maniera corretta quello che stanno leggendo. Sipario.

P.S. Marshal McLuhan avrebbe risposto – You know nothing of my work! – Annie Hall (Io e Annie, 1977) grande capolavoro di Woody Allen del quale ho già parlato e che vi consiglio di guardare…ancora una volta!     

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