Caro Luca, il mondo ci ha fottuto tutti e due…

Quasi sempre, mettendomi davanti al computer, dico che il pezzo del giorno non lo scriverò, ma poi ci penso e mi viene fuori, così, quasi naturalmente. A volte scaturisce da una frase, altre da un articolo letto, da un pensiero, da una parola che vola nell’aria pronunciata distrattamente da qualcuno di passaggio. Spesso è un’esigenza del cuore, che me lo chiede, a volte è un dono per qualcuno che so leggere questo spazio, altre è un niente di qualche minuto che si perderà nel nulla, non appena gli occhi di qualcuno ci saranno scivolati sopra dall’inizio alla fine. Oggi sono delle scuse.

Questa mattina ho trattato male un centralinista che lavora per un’azienda, con la quale adesso sto avendo a che fare. Non l’ho fatto apposta, era soltanto la mia undicesima chiamata e per un minuto ho completamente dimenticato che per lui, era invece la prima. Non l’ho fatto apposta, i suoi colleghi, telefonata dopo telefonata, mi hanno fatto perdere la pazienza e all’ennesima doverosa chiamata, non ho saputo resistere alla tentazione di comunicare tutto il mio disappunto per l’inefficienza del servizio e dell’azienda di cui anche lui fa parte.

Alla fine, poco prima di attaccare, ho chiesto scusa, ma il mio interlocutore c’è rimasto male. L’ho percepito dalla sua voce che, come un topo in fuga da un gatto affamato, sgattaiolava a nascondersi in tutti gli angoli, dietro tutti i mobili, negli anfratti più nascosti, per sfuggire agli artigli e alle zampe che lo avrebbero agguantato e sbranato di lì a poco. Ho riattaccato il telefono e non ho provato piacere per lo sfogo appena esternato. Lui, lo sconosciuto dall’altra parte, è stata l’ennesima vittima, io l’ennesimo cecchino involontario, in mano al quale il sistema ha messo una pistola, fortunatamente a salve. Lui dirà che le persone con cui ha a che fare quando è a lavoro sono sempre incazzate, senza rendersi conto dell’accumulo di ore e di perdita di pazienza alle quali i suoi interlocutori, in questo caso io, sono stati sottoposti, prima di arrivare al suo timido: pronto sono Luca che cosa posso fare per voi?

Così alla fine della giornata, per statistica, lui avrà parlato almeno con altre sei persone che hanno problemi simili al mio e che come me, saranno incazzate per il servizio della sua azienda e noi clienti, avremmo perso il nostro tempo, per quanto mi riguarda quasi quattro ore e quaranta minuti, a parlare con tono gradualmente più forte e più scortese, in funzione dell’aumento dei minuti a telefono e delle chiamate fatte. In tutto questo non ci guadagna Luca e nemmeno i suoi colleghi, che probabilmente al di là della cornetta hanno fatto tutti del loro meglio, ma non ci guadagno nemmeno io, che per una cazzata ho perso quasi cinque ore della mia vita sulla terra, che potevo spendere in altri diecimila modi migliori. Ci guadagna invece un sistema che vorrebbe essere moderno e che invece, il più delle volte, è una chiavica come direbbe qualche mio amico partenopeo. Un sistema che riduce il personale mettendo al nostro servizio, angoscianti e sterili voci registrate, che chiedono a noi utenti di premere numeri, simboli, parole, lettere, codici, per passare da un nastro all’altro, fin quando, in un vortice di noncicapiamopiùuncazzo, quasi con aria snob, ci indirizzano verso un povero centralinista, come se fossimo senza speranza, come se fossimo colpevoli di non saper risolvere da soli le nostre beghe. La realtà è che il più delle volte paghiamo aziende che dovrebbero risolverci dei problemi, ma dall’altra parte, le stesse aziende, vorrebbero a loro volta che noi gli semplificassimo il lavoro fino al limite, fino a risolverci i problemi da soli.

Quindi caro Luca, che forse non leggerai mai questo post e che probabilmente in questo momento, ti trovi davanti a un riso freddo fatto in casa, per risparmiare qualcosa su un salario incredibilmente basso, che ti permette a malapena di arrivare alla fine del mese, io ti chiedo pubblicamente scusa. Tu non meritavi la mia perdita di pazienza, io non meritavo di perdere quattro ore al telefono per un servizio che pago e che non sto ricevendo. Tu non meritavi la versione peggiore di me, io non meritavo di dovertela mostrare, per poi esserne incredibilmente rattristato, mortificato. Caro Luca, mi dispiace, il mondo ci ha fottuti tutti e due.