Di Gazze e mele

Questa mattina, visto che avevo finito le mele Granny Smith, le uniche che mangio, ho deciso di farmi una passeggiata, andare dal fruttivendolo non lontano da casa mia e successivamente fermarmi a leggere in un parco poco lontano. Ho scelto di portare con me L’uccello che girava le viti del mondo di Haruki Murakami, un libro che, in particolare i primi capitoli, ha l’incredibile capacità di farmi rilassare; dopodiché messa nello zaino anche una coperta, sono uscito di casa. Ho acquistato le mele da Ahmed, un ragazzo simpaticissimo dal quale mi servo in situazioni di emergenza, essendo chiuso il mio fruttivendolo di fiducia e, dopo aver parlato un po’ del Ramadan che si concluderà domani sera, mi sono diretto a passo svelto verso il parco di Palais Longchamp. Quest’area verde, che ospita tra le altre cose, il museo di belle arti e quello di storia naturale si stende intorno a una meravigliosa fontana a cascata che rinfresca l’aria tutt’intorno, in particolare al mattino, quando il sole non è diventato ancora troppo cocente. Non è un’area verde molto frequentata, rispetto ad altri parchi che dispongono di più giochi per bambini e di piste ciclabili per fare sport. La gente che vi si reca, se non lo fa per visitare i musei, lo fa per gettarsi sull’erba a leggere un libro, ascoltare la musica o più semplicemente per mangiare durante la pausa dal lavoro, essendo localizzata in una zona ricca di uffici.

Anche io, come le poche persone che si trovavano intorno a me, ho disteso la coperta sull’erba, all’ombra e al fresco dell’acqua della fontana, e mi sono messo comodo, libro alla mano, addentando una delle mele appena comprate. Ero intento nella lettura del primo capitolo del libro, quando finita la mela, ho appoggiato il torsolo sull’erba, in una posizione da potermi ricordare di prenderlo e gettarlo nel cestino al momento di partire. Ero intento nella lettura della frase, dove l’autore menziona la Gazza Ladra di Rossini, quando una coppia di anziani che passavano vicino a me, parlando ad alta voce, hanno menzionato due gazze che avevano fatto il nido sull’albero nel loro giardino. Ero intento nella lettura del nome dell’opera stessa, all’interno della frase, quando uno dei due vecchietti ha pronunciato la parola: gazze e due gazze quasi magicamente, planando vicino a me si sono messe a becchettare il torsolo della mela che avevo appena appoggiato sull’erba. I due volatili hanno cincischiato qualcosa guardandomi e becchettato per un po’ quel che restava del frutto, a qualche centimetro da me che sorpreso ricambiavo i loro sguardi, dopodiché hanno ripreso il volo nel cielo azzurro, mentre i due anziani continuavano a camminare in direzione dell’uscita del parco.

Un giorno forse menzionerò in qualche post l’affascinante legame che ho con questi uccelli, oggi però voglio soffermarmi su questi rari, ma incredibili, casi della vita, durante i quali l’universo assume una forma ancora più perfetta della perfezione stessa che lo caratterizza. Mi piacerebbe riuscire a descrivervi la pienezza che si percepisce all’interno del cuore e della mente quando ci troviamo nel bel mezzo di questi incredibili incroci situazionali. È come se fossimo chiusi in una stanza, al buio e qualcuno per un secondo aprisse una finestrella lasciando entrare un po’ di luce, prima di richiuderla ancora, rapidamente, completamente, facendoci nuovamente ripiombare nel buio.

Quando le gazze e i due signori anziani sono ripartiti, ho avuto la sensazione ancor più forte di essere un tutt’uno con l’universo che ho attorno, ho sentito di esser parte di quelle piume bianche e nere, di camminare a braccetto con la coppia che passeggiava al sole, di mangiare un piatto di spaghetti con Murakami ascoltando l’ouverture della Gazza Ladra, sospeso in milioni di sincronicità che troppo spesso non vediamo e che quando si presentano, in maniera così nitida, davanti ai nostri occhi, ci fanno fremere il cuore. In quel preciso istante in cui, quel quadro così perfetto, quel sipario appena aperto sull’universo si è richiuso, non ho sentito altro bisogno che alzarmi, riporre tutto nello zaino e rientrare a casa, tanto era la pace che avevo nel cuore. Poi, qualche minuto più tardi, mentre camminavo e il ricordo del momento perdeva di intensità ho pensato: Ho sognato? Viviamo in un Matrix? Oppure semplicemente Ahmed ha dopato le sue mele con qualche nuova sostanza allucinatoria? Maledetto cinismo!