A proposito del tempo e della lettura

Mi capita piuttosto spesso, quando parlo con altri genitori, che qualcuno dei presenti esordisca con frasi di questo tipo: Avere figli è bello, è come avere una seconda possibilità, come rivivere la nostra giovinezza. In quest’ottica, il figlio diventa, per come interpreto io la frase, da un lato una via di fuga dalla propria vita stessa, dall’altra un mezzo per scavare nella propria memoria e ricordare momenti ai quali non si pensa più da secoli e dei quali, si credeva di non aver più ricordo alcuno. Personalmente trovo un po’ triste questo genere di affermazioni, da padre non riesco a vedere mia figlia in quest’ottica, questo probabilmente perché non rimpiango granché del mio passato e allo stesso tempo, passo molto tempo a esplorare i miei ricordi, anche senza il suo aiuto.

C’è una cosa tuttavia, successa ieri, che mi ha fatto diventare nostalgico, malinconico. In questo momento, qui in Francia, la scuola per i più piccoli, Livia frequenta il primo anno di materna, non ha ancora ripreso a funzionare. Per questo motivo lei passa ancora un sacco di tempo con me, tempo che, fin dall’inizio della pandemia, abbiamo impiegato cominciando a scrivere e a leggere. Ieri, dopo giorni di lavoro, per la prima volta ha capito il meccanismo della lettura. C’era un foglio sul tavolo che avevo stampato per utilizzarlo in una delle nostre lezioni. Lei lo ha avvicinato a sé e lentamente, scorrendo con il ditino ha letto…Ca-sa, senza che io le dicessi niente. Mi ha guardato e cercando conferma ha chiesto: Maison? Ho fatto di sì con la testa, sorridendo, il mio sguardo è scivolato sulle centinaia di libri e fumetti che sono sparsi per tutta la casa (io vivo attualmente in un buco di appartamento e i miei libri sono ovunque) e mi sono perso nei miei pensieri. L’ho immaginata cadere nella tana del bianconiglio, scendere con il capitano Nemo negli abissi dell’oceano, struggersi leggendo le lettere d’amore di Cyrano, cavalcare con i tre moschettieri, seguire Sherlock Holmes nella caccia al delinquente di turno, combattere coi mulini a vento, immaginarsi viaggiatrice al fianco di Ulisse, innamorarsi di Romeo, sorridere e vergognarsi di fronte alla bellezza e alla sfrontatezza delle novelle del Boccaccio, conoscere Dante e tutti gli altri poeti della terra dalla quale anche lei proviene. E poi ancora, l’ho immaginata passare ore e ore tra quelle pagine, fino a notte fonda, con gli occhi stanchi, incapace di interrompere la lettura per la troppa curiosità.

C’è un film, abbastanza recente che si intitola About time (Questione di tempo, 2013) del britannico Richard Curtis, uno dei registi contemporanei, a mio avviso più bravi, nel realizzare film commedia brillanti (insieme all’americana Nancy Meyers). Il personaggio principale di questo film (che personalmente adoro), come tutti gli uomini della famiglia di suo padre, è in grado di viaggiare lungo la linea temporale della sua vita. Cioè di tornare indietro nel tempo a momenti vissuti precedentemente, riviverli oppure cambiarli. Quando il padre, all’inizio del film, gli spiega il segreto della loro famiglia e gli comunica il suo potere, dice più o meno: Ovviamente puoi utilizzare questo potere come meglio credi, io l’ho utilizzato per leggere. Ho riletto quasi tutti i libri per due volte, Dickens tre. Non è magnifico? Lascio a voi immaginare la cosa e vi consiglio di vedere il film nel caso ancora non vi sia capitato davanti agli occhi.

Io guardando tutti i miei volumi sparsi per casa, osservando mia figlia, il suo ditino lento che scorreva, ho desiderato avere quel potere, tornare indietro e poter leggere ancora e ancora tutte quelle storie, come se fosse la prima volta. Di ritrovare quei personaggi che nel corso degli anni mi hanno affascinato e scoprirli diversi attraverso il mio sguardo più maturo.

Così ieri sera, quando Livia si è addormentata, ho cercato tra i volumi il primo che ho comprato e letto da solo, senza nessun obbligo scolastico, il Dottor Jekyill e Mr Hide di Stevenson. Mi sono disteso sul letto e alla luce dell’abatjour ho aperto la prima pagina. L’avvocato Utterson e suo cugino Enfield stavano passeggiando per le strade di Londra, mi hanno guardato: Buonasera, è da un po’ che non ci vediamo… han detto, io ho sorriso, scosso la testa e Enfield ha incominciato a raccontare la sua storia.