Elogio della cucina che fu…

Amo la cucina antica, quella fatta di pentole e padelle annerite dal fuoco, da cucchiai e taglieri di legno logori, da piani cottura a gas, dove fiammelle blu si muovono incerte a ogni sbatter di porta. Un mondo lontano, oltre lo spazio e il tempo che caratterizza le moderne cucine, belle e funzionali, forse, ma molto meno misteriose. Ho da sempre snobbato la cucina dei giorni nostri, nei metodi e negli strumenti. La trovo troppo veloce, dinamica, precisa e per questo preferisco quella più lenta, a tratti quasi meditativa, dei tempi che furono.

Ricordo che la mia bisnonna, che raggiunse la veneranda età di novantasette anni, era solita preparare la pasta fatta in casa ogni domenica mattina. Si svegliava presto, si vestiva completamente di bianco, indossava il suo grembiule, la retina per i capelli e poi, canticchiando vecchie canzoni, si metteva al lavoro. Cesira, questo il suo nome, nel mio immaginario, attraverso questo ricordo è diventata l’emblema della tranquillità. Ci penso spesso a questa immagine di lei, in particolare quando ascolto Novecento di Paolo Conte: “…Come una vecchia cuoca in una cucina, sgrida i fantasmi dei buongustai in una lenta…” canta il maestro.

Oggi tutto è cambiato e dai bimbi che correvano intorno al tavolo da pranzo e alla cucina, cercando di sgraffignare un crostino ai fegatini appena preparato, o un fiore di zucca appena fritto, siamo passati al bimby e non mi dilungo su questo oggetto che detesto. Molte donne potrebbero commentare: meno male che abbiamo lui, tutto più veloce, meno faticoso, stare in cucina è una gran rottura, con il bimby tutto è più facile. A queste parole alzerei le mani in segno di resa, i tempi moderni, così veloci e dinamici, hanno cambiato anche i nostri usi e costumi culinari, ma le alzerei a malincuore. Sì, perché la donna, più dell’uomo, quando si muove nella cucina, che per me rappresenta la stanza più creativa e magica della casa, assume i contorni proprio di una maga, di una figura eterea in contatto con un mondo lontano, invisibile ai più. I suoi occhi cambiano, le mani, raggrinzite dall’età o lisce e ben curate, si muovono in maniera diversa, mentre sminuzzano gli ingredienti o con la mezzaluna tritano, quelli che una volta erano denominati gli odori…li chiamano ancora così il sedano, la carota e la cipolla?

Non fraintendetemi, la mia non è nostalgia, piuttosto un sottolineare qualcosa di meraviglioso e incredibilmente poetico che con il tempo è andato perduto: ah, tu sei uno di quegli uomini che ci vorrebbe in cucina tutto il giorno a spadellare mentre voi fate girare il mondo! Potrebbe apostrofare qualche donna. Non sia mai, ognuno deve avere la libertà di fare quello che desidera, ma a mio avviso questa perdita, unita a una spettacolarizzazione assurda della cucina e alle apparecchiature moderne ha privato il mondo moderno di qualcosa di infinitamente sensuale e creativo.

Se volete un’idea di quello di cui sto parlando, guardate il film Sabato, Domenica e Lunedì di Lina Wertmüller. C’è una meravigliosa Sofia Loren che prepara il ragù insieme alle altre donne della casa, mentre parlano e spettegolano dei vicini, dei loro uomini, muovendosi ora nervosamente, ora delicatamente in funzione di quello che stanno facendo, mentre si scambiano segreti sui tipi di carne da utilizzare, sui tempi di cottura, sugli ingredienti. Questa scena non è magica? Non è forse l’emblema della sensualità? E vi assicuro, da uomo, che in questo caso la sensualità non viene dall’incredibile bellezza dell’attrice, è una proprietà intrinseca di ogni donna impegnata nell’atto di creazione stesso.

Siamo ben lontani dall’adesso, fatto di cuochi di ogni genere che dispensano consigli assurdi mentre cercano di preparare piatti nel tempo più rapido possibile. Pensate che la Loren nel film fa cuocere il ragù lentamente per sei ore, che meraviglia. Altri tempi.

No, come dicevo prima, la cucina è stata quasi completamente rivoluzionata in questi ultimi trent’anni. Ha aperto le porte al bimby, alle placche a induzione e soprattutto agli uomini, che mi perdonerete, sebbene faccia parte della categoria, non hanno quel gene incastrato nel DNA delle donne, che le rende gli esseri creativi per eccellenza dopo Dio, semmai esistesse, altrimenti in caso contrario, gli esseri creativi senza rivali.