Di Platani, operai e dichiarazioni d’amore

Di tutte le meraviglie del mondo, un albero d’estate è forse la più notevole. Saranno forse l’incredibile ammasso di foglie verdi luccicanti, a prescindere che ci sia il sole o che il meteo ci riservi un incredibile temporale, oppure, i grandi rami rivolti verso l’alto, che al di là della spiegazione scientifica rimediabile su wikipedia, poeticamente, sembrano ringraziare il cielo per la loro stessa esistenza, come a dire: io ci sono! Grazie!

Di tutti gli alberi, quello con il quale ho un rapporto più intimo è il platano. Il legame che ho con questa pianta è molto erotico, il loro frusciare al vento, simile al rumore delicato e allo stesso tempo intenso della seta di una sottoveste, riesce a rilassarmi, a farmi chiudere gli occhi e dire: prendimi sono tuo!

Il parco della Maison Blanche, che si trova a quindici minuti di auto da casa mia, è ricco di queste bellissime piante ed io lo frequento assiduamente, proprio per questo rapporto intimo, intenso, sessuale che ho con loro. Passeggio, leggo, scrivo, rifletto, gioco con mia figlia, poco importa, agli occhi di questi giganti mi mostro come sono in tutte le mie attività, mi apro come con pochi umani riesco a fare.

Ecco che in questa quarantena, ho sentito spesso la loro mancanza e mi sono ritrovato, questo pomeriggio, a immaginarli ricoperti di pappagallini verdi, Marsiglia ne è piena, e di Gazze, uccelli che adoro con il quale mi trovo particolarmente in simbiosi e delle quali, probabilmente in futuro parlerò.

L’ultima volta che sono andato a far visita ai miei alberi, risale a quasi due mesi fa, prima che mi confinassero a casa. All’epoca le foglie erano ancora poche e molti di loro stavano vivendo un momento terribile, angosciante…la potatura. Ricordo che quel giorno ero disteso su una coperta e stavo leggendo le Lezioni Americane di Italo Calvino. Se non vi è mai capitato di imbattervici, vi prego, acquistatelo subito e leggetelo…è una bibbia, in particolare se vi sentite un po’ persi, come mi sentivo io quando ho deciso di immergermi nella lettura di questo libriccino per l’ennesima volta. Calvino rassicura in generale, quando scrive, figuriamoci se si mette a dare consigli per vivere nel millennio che stiamo attraversando. Comunque, mentre leggevo, poco lontano, gli operai comunali erano intenti a potare alcuni dei miei amici Platani. Il ronzio delle loro motoseghe non mi disturbava, anzi, nel silenzio del parco quasi completamente vuoto, faceva riaffiorare alla mia mente, il ricordo di certi rituali rurali a me cari e oramai scomparsi dalla mia vita, sempre più cittadina.

Entrando nel parco quella mattina, inoltre, avevo notato che c’erano alcuni alberi il quale destino era oramai segnato da una croce rossa che significava taglio completo. Erano piante morte per malattia, forse, una certamente per un fulmine, ma a me dispiaceva lo stesso, togliere una pianta da un parco è come cambiare l’arredamento di una stanza a casa propria, se lo frequentate assiduamente. La regola nel taglio dei giganti oramai passati a miglior vita, almeno in quel parco, è quella di segare il tronco vicino al terreno, come ho potuto dedurre dai resti di piante mai conosciute. Quella mattina però, gli operai al cospetto del grande albero ucciso dal fulmine, si erano fermati, avevano parlottato per un po’ e poi avevano tagliato il tronco un po’ più in alto, lasciando un ceppo più grande. Quando mi alzai per tornare verso l’auto, un po’ curioso di capire il perché gli operai avevano cambiato quella che sembrava una regola generale di taglio, rimasi sorpreso nell’osservare la corteccia del ceppo rimasto, sulla quale era intagliata una scritta: Margaux e Hugo insieme per sempre.

Gli operai, solitamente fedeli agli ordini comunali, avevano deciso di modificare il loro modus operandi per preservare quella memoria. Non so se questi due ragazzi nella realtà siano ancora insieme, ma se passate per Marsiglia, all’interno del parco della Maison Blanche il loro pensiero di allora lo potete trovare ancora lì a eterna memoria di un momento per loro eterno, almeno all’epoca, grazie al cuore di qualche romantico operaio.