Esploro la campagna, lentamente, prendo nota, descrivo una strada sterrata, i fili d’erba, un canneto che costeggia la riva di un fiume, colline, cielo azzurro, descrivo tutto, minuziosamente, non sono più io, a parlare, anzi, in realtà, non so ancora chi sono, e chissà, chissà se mai riuscirò a scoprirlo, o se le mie dita mi porteranno altrove prima che ciò accada, parole, frasi, viaggi, miraggi, olivi a osservarmi, un vigneto, due cipressi, un casolare di campagna, mura gialle scrostate, tetto rosso, persiane verdi alle finestre, io che mi guardo intorno, io che so dove sono, anche se non ci sono, almeno non realmente, potenza della mente, del ricordo, del pensiero, del ragionamento, di chissà cos’altro, neuroni che scaricano, costruiscono, determinano ciò che percepisco, ciò che sento, percezione, sensazione, costruzione, tre tortore che tagliano il mio campo visivo, le seguo per qualche istante, poi i miei occhi scendono giù, a osservare un gruppo di persone che sostano attorno a un’auto parcheggiata in mezzo a un campo, visioni, visioni, visioni, e poi, scorrere delle dita su una tastiera, creazione, il monitor del mio computer, parole, oltre il prossimo istante, io, me che mi incammino, passo, passo, passo, e poi, incontri, dialoghi, storie, orrore, respiro, mi fermo, torno alla mia scrivania, poi di nuovo nella campagna, poi di nuovo alla scrivania, ad ogni viaggio, trasporto cose, idee, ciò che percepisco senza percepire, e costruisco, costruisco, mattone dopo mattone, parola dopo parola, una frase, ancora un’altra frase, scardinare lo spazio-tempo, scardinare la reale natura delle cose, scardinare tutto quanto, distruggere, spezzettare, e poi, osservare, respiro, mi guardo intorno, c’è un po’ di vento, l’aria è quella caratteristica del dopotemporale, odore di fango, erba bagnata, cose, case, bagnate, narici che esplodono, io che non trovo il nastro nuovo della macchina da scrivere, un fucile che spara, rumore che attira la mia attenzione, stagione venatoria inoltrata, ottobre qui, nel mio ufficio, ottobre là, in quella campagna, cacciatori a spasso per le piagge, storie di zolle e cadaveri di volatili caduti a terra, storie di cani da punta e cani da penna, altre storie, vecchie storie, io che mi allontano dalla scrivania, io che mi dirigo verso il capannello di persone che sostano attorno all’auto parcheggiata in mezzo al campo, io che osservo il mio computer, io che osservo la natura, io che non so chi sono, né qui alla mia scrivania, né là in quella campagna, io che aspetto che tu me lo dica, prima, che le mie dita scivolino altrove, su altre vite, su altre storie.