Perfezione domenicale…

Il misticismo legato al movimento della tenda che, spinta dalla brezza primaverile, ondeggia fuori e dentro la stanza, la musica classica che si unisce magistralmente ai rumori della natura, Bach, cinguettio di uccelli, cianciare di gazze, realtà che ingloba il tutto, magma in continua trasformazione, crearsi e ricrearsi infinito, momento per momento, presente dopo presente, mai assente, mentre si manifestano parvenze di divine presenze, nascoste ora qui, ora là, tra le connessioni neurali che mi permettono di vivere in questa illusoria continuità percettiva, passione mentale, il mio indulgere in tentazioni malsane, che si allungano in questa domenica mattina, un giorno come tanti, il mondo intorno a me, riflesso complesso della mia attività cerebrale, caos del pensiero all’interno del quale ci sei anche tu, vestita a festa, un sorriso, un gesto, il tuo volteggiare eterno su te stessa, alla ricerca di una postura perfetta, un’eterna danza impossibile da interrompere, un passo dopo l’altro, colori che si mescolano insieme, quadro astratto, impossibile fissarti, tanto è veloce il tuo movimento, uno, nessuno, centomila volti, centomila corpi, centomila odori, ci sei, sparisci, ci sei, ombra diafana, illusione che si manifesta a me, nel momento in cui, chiudo gli occhi, abbandono la realtà che mi circonda, e ti inseguo nel mio sogno, un mazzo di calle in mano, un cestino di fragole, il mio stendere i passi, piedi nudi, sull’erba, alla ricerca di te, del desiderio, della serenità, salto incredibile tra quello che sono e quello che vorrei essere, congiunzione tra le mie radici e il cielo, gli anni che passano, io che cresco, evolvo, la corteccia che si inspessisce, il tronco che si allarga sempre di più, i rami che aumentano, ora si coprono di foglie, ora restano spogli, salire, salire, salire, fino a raggiungerti, a sfiorarti con i miei germogli, a solleticare il tuo corpo nudo, la tua pelle bianca, delicata, paradiso ideale per un illuso come me, sempre alla ricerca di una perfezione impossibile, della mia divinità personale, che si nasconde là fuori, o qui dentro, tra le mie cellule, ma che certamente da qualche parte risiede, perché di lei posso percepire l’essenza, nascosta nel vento che mi accarezza, nella tenda che continua a danzare, nel profumo dei fiori che mi avvolge, nell’impossibilità di distinguere tra realtà e sogno, tra dentro e fuori, nei movimenti delle dita di Bach, che continua a suonare, un’ultima nota, e poi, improvvisamente, il silenzio.