Di Francia, Storia, Armistizi…

L’Hauts-de-France è una macro regione francese, figlia dell’accorpamento, avvenuto nel sedicesimo anno di questo secolo, delle due antiche regioni: Picardie e Nord-pas-de-Calais. Ai giorni nostri è conosciuta soprattutto per essere la regione francese più colpita, insieme all’Île de France, dal Covid-19, ma è anche tristemente nota per aver ospitato il più grande campo profughi d’Europa, quasi diecimila persone, denominato: la giungla, all’interno del quale gli immigrati si rifugiavano nella speranza d’imbarcarsi per l’Inghilterra.

A causa della sua incredibile importanza strategica: per il suo sbocco sul mare, per la sua prossimità con l’Inghilterra e per il confine con il Belgio, questa regione i francesi, se la sono contesa per lungo tempo proprio con l’Inghilterra, i Paesi Bassi e perfino la Spagna. I corsari spagnoli adottarono come base Dunkerque durante le guerre in Picardie e nelle Fiandre e alcuni segni di questo oramai antico legame, sono ancora presenti nella loro lingua. Per esempio il termine Pìcaro, che in spagnolo, ma anche in italiano, significa: sfrontato, astuto, imbroglione, vagabondo, truffatore, è legato ai corsari e probabilmente viene da Picard, nome degli abitanti della Picardie. Nel sedicesimo secolo questo termine, fu ampiamente adottato da alcuni scrittori spagnoli, che ispirandosi ai Pìcari appunto, crearono i cosiddetti romanzi Picareschi. Mario Monicelli nell’ottantasettesimo anno del vecchio secolo, ne fece una celebre e meravigliosa trasposizione cinematografica, I picari, film incredibile che vede riuniti insieme attori del calibro di: Gassman, Giannini, la De Sio, Manfredi e le musiche di Lucio Dalla e Mauro Malavasi. Se non l’avete ancora visto, come dico sempre: Provvedete!

Spostandoci da Dunkerque, lasciando alle nostre spalle le urla dei soldati morti il quattro giugno del quaranta durante l’omonima battaglia e scendendo nel cuore della Picardie, precisamente nel dipartimento dell’Oise, circa cento chilometri a Nord di Parigi, troviamo la cittadina, appena cinquantamila abitanti, di Compiègne.           

Compiègne è un bellissimo centro abitato, di un’importanza storica notevole e le sue mura ne hanno viste un sacco. Tra le tante vicende degne di nota ricordo: la cattura di Jeanne d’Arc e l’arrivo di Maria Antonietta sul suolo di Francia, accolta da Luigi XV proprio nel castello di Compiègne. Successivamente sarà proprio nel rispetto di quest’ultimo evento o chissà, per dare ancora al popolo francese un po’ del sapore della vecchia Monarchia, che Napoleone Bonaparte riceverà, proprio nel castello di Compiègne, la sua sposa Maria Luisa d’Asburgo-Lorena, in una cerimonia che ricalcherà l’arrivo di Maria Antonietta in Francia, ad eccezione di una piccola variante. Napoleone si sa, era un pezzo avanti e la notte dell’arrivo della sua sposa, il ventisette marzo del milleottocentodieci, con cinque giorni di anticipo alla data delle nozze che si terranno al Louvre il successivo primo aprile, consumò il suo matrimonio, fregandosene dell’etichetta dell’epoca. Nelle sue memorie, scritte a Sant’Elena, il celebre imperatore dirà: Andai da lei ed essa fece tutto ridendo. Ha riso tutta la notte. C’è di che divertirsi a Compiègne in compagnia dell’imperatore.

Ma al di là di pirati, guerre, eroine nazionali, re, imperatori, che si sono presentati al cospetto di quelle mura e che hanno attraversato quei boschi e quelle valli, in un susseguirsi veloce di anni e eventi, tutto scompare e ci ritroviamo in altre epoche. Un bosco, un vagone ferroviario fermo tra gli alberi, alcuni rappresentanti della Triplice Intesa, alcuni rappresentanti dell’Impero Tedesco. Sono le cinque del mattino dell’undici novembre del diciottesimo anno del secolo scorso e qui, in uno scenario surreale, nascosti ai più, alcuni uomini stanno firmando l’atto che segnò la fine dei combattimenti della prima guerra mondiale, l’Armistizio di Compiègne appunto, che oggi in Francia viene celebrato come giorno festivo.

È un giorno particolare, non solo per l’importante celebrazione, la fine delle ostilità durante la prima guerra mondiale, ma proprio per l’utilizzo della parola armistizio. In alcuni paesi, come gli Stati Uniti, la commemorazione avviene facendo due minuti di silenzio alle undici in punto. Prendiamoci questi due minuti per noi e riflettiamo, che di conflitti in campo ne abbiamo tanti, con gli altri e con noi stessi e magari è proprio oggi il giorno in cui, decideremo di cessare tutte le ostilità e mettere in pace il cuore, perdonandoci e perdonando gli altri, firmando appunto, il nostro armistizio personale.